Quando è caduta l’Unione Sovietica? 1991. Quando sono finiti i Cccp fedeli alla linea ,equivalente della sigla russa Sssr, in alfabeto cirillico СоюзСоветскихСоциалистическихРеспублик, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche? 1990. Quando sono finiti gli eredi Csi (analogo alla Comunità degli stati indipendenti, erede dell’Urss)? 2002. Quando è finita Telekabul? Oggi, mentre ancora furoreggiano al cinema Il sol dell’avvenir ed Effetto notte ed in futuro ancora ronzeranno i Che tempo che fa. A blindare la caduta del Cremlino italiano mediatico non sono le fughe anticipate da Rai3 di Fazio, Littizzetto, Annunziata, Gramellini ma l’abbandono, per più banali limiti d’età, di un soggetto di seconda fila, di un quadro del middleware che resta fondamentale, molto più dei capi scintillanti. Come diceva Stalin, i quadri decidono tutto. Senza tanti Eichmann non si realizzano i progetti più arditi.
Ce ne andiamo in… vacanza diciamo… in vacanza. Dopo di che… vediamo… non lo so… magari qualcosa succederà, o forse nulla. In caso insomma è stato bello percorrere questa lunga strada. La nostra è stata una lunga lunghissima, strada assieme. Dopo tre lustri di Linea notte, l’edicola notturna di Rai3, il Marzullo di sinistra, Mannoni se ne va; il giovane quadro di Curzi e Santoro, l’esperienzato intermedio di qualità della Berlinguer, poi il prudente conduttore unico sempre appeso ad una Botteri che lo guidasse, che lo illuminasse. Un piccolo Aganbiegan del giornalismo, che con Gorbaciov imitava il Suslov di Breznev, a sua volta interprete del grande Zdanov. Mannoni, già da tempo opaco, traslucido, a tratti trasparente, scompare come nebbia sotto le folate di vento, nella caduta di Rai3 e nell’inciampo finale della scomparsa della stessa ragione di vita, il nemico Berlusconi.
Ci fu un tempo in cui i mannoni mostravano i denti sotto i patiboli robespierriani, in cui battevano i tamburi delle file dei condannati al corridoio dello staffile, in cui ogni giorno era rivoluzione culturale e cappelli d’asino per traditori e corrotti. Il Curzi boydelle emittenti locali targate Pci, arriva a viale Mazzini nei tempi delle canzoni di Renato Zero, 1986. Mentre dico le notizie, cerco di tenermi stretto alla mia indignazione per tutto il male di questo nostro paese, e alla mia voglia di cambiare. Mi piacerebbe che questo emergesse dal mio lavoro. Con quello spirito venne promosso nel 2008 alla conduzione dopo tante samarcande e collegamenti esterni dal ’93 con le sattanino ed i ruotolo, sempre a tenere il ritmo ed il passo del sincopato presentatore rivoluzionario. Il figlio del giornalista di Paese Sera era stato preso però come ufficiale al servizio della Regina e consciamente o no sentiva il polso e l’indirizzo della sua fazione.
S’ammorbidì con Veltroni mentre bronci, crucci, scatti, bisticci, raffiche di domande e rabbie della Bianca ancora lo allertavano, lo richiamavano agli antichi spartiti nell’inizio della confusione delle autorità di un mondo già monolitico.
Con Renzi, s’era del tutto arrotondato, via le polemiche roventi; saggi e noiosi scrittori e pensatori venivano raccolti per il comune sospiro sulla caduta morale dei tempi, poi tempora e mores erano sostituiti dallo stanco occhio da triglia morente, dallo sbadiglio incombente. Un nuovo puro, Travaglio, epurava i quadri reduci di Mani Pulite arriva Mannoni. E’ in tv dalla notte dei tempi… Ogni sera sul far della mezzanotte, il tenutario del talk più soporifero ed emolliente della tv mondiale s’affaccia con le mani in tasca, … Da quell’olimpica atarassia lo ridesta soltanto l’eventuale, inconsulta presenza in studio di un critico del governo invitato da chissà chi, che lui s’incarica comunque di tacitare con slogan a pronta presa tratti dal twittario renzista. Al nostro restava solo di controllare la solidità ideologica dei titoli di Repubblica e la somiglianza pedissequa del Corrierone. Del tutto capoccione Rai, poco ex lunigiano completamente romanizzato, immemore delle battaglie di un tempo, piacione poco competente, morbido piacione da baita al calduccio, s’era fatto comunque icona galleggiante, sia pur minore, di una sinistra minore che cercava di sopravvivere all’ombra di finanzieri, banchieri ed altri esperti. Crozza lo chiamava Mannoioni, a Linea notte-chi-se-ne-fotte ma lo faceva come un Cicchitto di Guzzanti. Perché ancora nessuno ha preso in giro un mostro come Vauro. Come mantenere un aplomb, una linea se dovunque erano solo buche? Spariva l’Unità, finivano sepolti sotto l’indignazione gli amici e parenti. Educazione e salottismo borghese sembravano un rifugio tanto amabile e desiderato anche se in gioventù era stato sputato, tranciato, deriso. Morbidamente, musealmente, ora il mondo veniva raccontato meno arrabbiato, meno adrenalitico, meno tranchant, in una sit-com, come è stato scritto, da casa Vianello con i soliti amici della compagnia stabile di giro, della nicchia del concerto da camera degli anziani educati forbiti di nicchia di sinistra . Si riduceva il pungiglione, si assottigliava il pubblico ma non il puntiglio, più di qualità. Nella speranza che una Botteri rilanciasse l’indignazione con uno scoop tardivo. Dicono che sotto i 40 anni Mannoni sia un oggetto tv che so che esiste, ma non veduto. Aveva comunque un pubblico fedele, magari non contemporaneo, tra il 5 e il 6% di share. Si arrabbiava ormai solo per le scenografie cambiate, per i ritardi delle altre trasmissioni, per il touch-screen, affidato ai più giovani. Non l’avevano urtato neanche le accuse della commissione di vigilanza, con Anzaldi ci conosciamo da quando era portavoce di Rutelli, ci incontriamo spesso sotto casa con i cani. Non gli hanno detto nulla sul suo destino. Solo la Botteri, come in un film di Eizenstein è scoppiata affranta, non siamo preparati, non siamo pronti, non puoi farlo. Salvate il soldato Mannoni, l’ultimo telekabul dopo 44 anni.

Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.