La strana idea del lavoro dell’assessore Rabaiotti
«Sono convinto che a Milano potremmo tentare una mossa un po’ diversa: convocare il sistema delle imprese, soprattutto quelle che non hanno avuto un’interruzione pesante del fatturato durante la pandemia, e invitarle a mettere in campo una sorta di clausola sociale straordinaria dove ci si impegna a reciprocamente a rilanciare il tema del lavoro assumendo chi ha perso il lavoro durante la pandemia o lo perderà quando non ci sarà più il blocco dei licenziamenti.
Con il pubblico che si assume il pagamento dei contributi e la parte privata che paga il solo stipendio. Se provassimo a sperimentare anche solo per un anno questo grande patto daremmo un segnale importante al Paese. A Milano c’è un sistema in grado di sostenere questa scommessa».
Così parlò l’ineffabile assessore Rabaiotti, in una intervista al Corriere della Sera. E se l’idea vi sembra buona lasciamo la parola a chi nel mondo del lavoro ci sta da più di 40 anni, moltissimi dei quali passati in una partecipata, come il Consigliere Franco vassallo del Municipio 7.
“Rabaiotti ha una distorsione assistenzialistica della propria visione difficilmente spiegabile. Quello che propone è di smettere di avere partecipate di eccellenza, come siamo abituati (salvo clamorose eccezioni) e passare ad un sistema simile a quello di altre città italiane. Dove i lavoratori non vengono scelti per merito, ma per esigenze sociali. Privilegiare qualcuno perché rimasto disoccupato in pandemia è sicuramente un atto meritorio. Fino a quando non si calcola il fatto che ha preso il posto magari di un giovane, di un disoccupato da lungo tempo o di uno molto qualificato che accettava uno stipendio inferiore, magari per passione civile e di servizio.
A questo punto l’idea comincia a scricchiolare. Crolla del tutto quando Rabaiotti chiede di riunire le aziende che non hanno smesso di lavorare in pandemia. A parte che visti i numeri della disoccupazione non pare ce ne siano moltissime in città, ma poi come pensa di ricollocare il cameriere disoccupato nella grande società di consulenza, nella software house o nella società di comunicazione? Rabaiotti, il marxismo ha fallito, smettiamola di considerare “il lavoro” una risorsa generica e facilmente scambiabile. Non siamo nell’800, per consentire certi salti ci dovrebbero essere politiche attive di ricollocamento che non sono mai state messe in campo. Altro che Navigator!
Ma poi, e questo forse è il dato più grave, dopo aver distrutto il tessuto produttivo, la mobilità e la qualità della vita di chi fa impresa a Milano, adesso chiedete alle imprese private di salvarvi dal disastro? Forse ci dovevate pensare prima. Forse invece ci penseranno adesso gli elettori. Il lavoro si crea quando si lascia ai privati la possibilità di dare concretezza al proprio intuito, alle proprie visioni e li si lascia rischiare in proprio. Assistendoli, nel senso di togliere ogni ostacolo. Ma senza gli imprenditori che avete sempre boicottato. Ultimo caso eclatante Maran, che impedisce di applicare la legge sulla rigenerazione urbana. Vi state rendendo conto che la disoccupazione non calerà mai?
Speriamo se ne rendano conto anche gli elettori!”

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.