In Italia ci si lamenta che ci sono i “cervelli in fuga”. I cervelli in fuga sono quelle persone che, con istruzione (con almeno una laurea) e preparazione professionale, si trasferiscono in altri Stati per lavorare. Ogni volta che questo argomento viene proposto tutti gridano “allo scandalo” perché ”perdiamo eccellenze!”. Questo, a mio parere, è un ragionamento vecchio e dannoso. Innanzi tutto, perché quelli che partono sono comunque una minima parte – sfortunatamente, per i motivi che dirò dopo – rispetto a quelli che, invece, restano. Nonostante le attuali difficoltà economiche dell’Italia, partire resta una libera scelta. Inoltre, la maggior parte di queste persone dopo qualche anno, per le diverse ragioni, tornano con una esperienza accresciuta che mettono a disposizione del nostro Paese. Quelli che invece decidono di non tornare, non lo fanno solamente per una questione economica ma anche perché nella nuova città si trovano meglio, magari per il modo di vivere. Così come avvenuto – e avviene – per i meridionali che si sono trasferiti al nord e gli stranieri che oggi vivono in Italia. Infine, ed è il motivo per me principale, queste persone si trasferiscono, per la quasi totalità, in uno dei Paesi dell’Unione Europea.
L’abbiamo voluta l’Europa, abbiamo scelto, anche con sacrificio economico (vi ricordate il “biglietto per l’Europa” che ci hanno fatto pagare?), di far parte di una comunità più ampia, più articolata e variegata. Abbiamo scelto – e ne sono un forte sostenitore – di aprirci gli uni con gli altri. Tra i pilastri dell’Europa, infatti, c’è la libera circolazione delle persone. Libera circolazione significa, per l’appunto, che una persona si trasferisca, senza alcun vincolo, da uno Stato all’altro dell’Unione. Se poi i trasferimenti verso il resto dell’Europa sono maggiori rispetto alle altre persone che arrivano, sempre che sia così, allora possiamo anche porci il problema dell’Italia che non riesce a rendersi appetibile quale meta per i “cervelli”, nonostante – si badi bene – le Università italiane siano frequentate da ragazzi provenienti da tutto il mondo. Per spiegarmi meglio: negli Stati Uniti d’America, se un cittadino si trasferisce dal Texas in Alabama, o da New York a Miami, da Los Angeles a Denver, oppure nella Silicon Valley, a nessuno viene in mente di parlare di una fuga di cervelli. Gli Stati Uniti si considerano un’unica cosa, un unico spazio in cui vivere. Noi, invece, nonostante invochiamo continuamente l’Unione Europea, ragioniamo ancora per singoli Stati. Dobbiamo invece incentivare la circolazione delle persone, soprattutto se sono dei “cervelli”, perché insieme ad esse circolano anche le idee, l’apertura mentale e lo sviluppo sociale ed economico. Ed è questa l’Unione Europea che vogliamo.
Bruno M. Caterina
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Bravo, Bruno !Condivido quello che dici: ammesso e non concesso che io sia un cervello, sono rientrata di recente da un a periodo all’estero anche con la voglia di fare qualcosa per migliorare il mio Paese, che amo ma che forse oggi più che mai vive un momento difficile. A presto