L’alleanza scuole-atleti paralimpici vuole abbattere le barriere

Milano

Milano 16 Aprile – Dall’estrema periferia del Municipio 8 arriva un appello chiaro, a gran voce: rendete le scuole milanesi più accessibili, abbattete le barriere architettoniche.
A farsi portavoce del messaggio, 1200 studenti che partecipano alla quarantesima edizione della storica corsa non competitiva organizzata dall’istituto Console Marcello (due primarie e una media tra Quarto Oggiaro e Villapizzone, col 62 per cento dei bambini stranieri). Insieme a loro, testimonial d’eccezione, ci saranno due campioni paralimpici, coppia anche nella vita: Arjola Dedaj e Emanuele Di Marino. Lei, bellissima non vedente, è arrivata a 17 anni in gommone dall’Albania, in fuga da guerra e violenze. Ha conquistato l’oro nel salto in lungo ai Mondiali di Londra ma compete in varie discipline: sempre con la mascherina colorata sugli occhi e una guida che la affianca. Lui, fidanzato da quattro anni, ha una malformazione ossea ad una gamba: ai Mondiali 2017 è stato argento e bronzo nella staffetta e nei 400. Adesso, insieme, puntano ai Mondiali di Tokyo 2020.
L’organizzazione della Straconsole conta su cento volontari e coinvolge 34 classi della primaria e 15 delle medie: dopo aver corso, gli allievi racconteranno la storia di atleti in qualche modo eroici. Abebe Bikila, «gazzella etiope» passato alla storia per avere corso scalzo le Olimpiadi di Roma 1960 (medaglia d’oro); Wilma Rudolph, «gazzella nera», tre medaglie d’oro nonostante fosse nata con la poliomelite; Kathrine Switzer, «suffragetta della corsa», prima donna a correre la maratona di Boston nel 1967 con uno stratagemma in tempi in cui era concesso gareggiare solo agli uomini. E ancora Jesse Owens, il «lampo d’ebano», diventato un simbolo per avere vinto quattro ori alle Olimpiadi di Berlino del 1936, in pieno regime nazista e in anni di segregazione razziale negli Stati Uniti; e naturalmente Pietro Mennea, la «freccia del sud», corridore italiano cui le ferrovie hanno appena intitolato un treno superveloce che corre a 400km orari.

«Tutti questi atleti hanno dimostrato una incredibile voglia di partecipare, al di là delle barriere che hanno incontrato sul loro cammino – dice Fausto Busin, papà attivo nell’associazione dei genitori -. Lanciamo un messaggio concreto, le scuole devono essere accessibili, dare le stesse possibilità a tutti. Ad esempio la palestra della nostra primaria De Rossi ha i gradini e nessuna rampa, di fatto è preclusa a chi ha disabilità motorie». Gli esempi sono ovunque, dalla periferia al centro. «Al Gentileschi ci sono quattro ascensori: tre guasti da anni e uno che funziona a singhiozzo», racconta il preside Lorenzo Alviggi. Stessa musica al Cardano: «Su due ascensori uno è sotto sequestro dall’ottobre 2016, l’altro funziona saltuariamente. I laboratori sono al quarto piano, i disabili non ci possono andare», testimonia Simonetta Cavalieri. Ancora al classico Tito Livio: «Non abbiamo né l’ascensore né il bagno adatto, continuiamo a segnalarlo a Città metropolitana», conferma ancora Amanda Ferrario. La sensibilità deve aumentare, sottolinea ancora Carmela De Vita, dirigente allo scientifico Donatelli Pascal: «Da noi l’ascensore è su strada e in via Apuleio c’è sempre qualcuno che parcheggia sul passo carraio – dice -. È un paradosso ma in questo modo, gli studenti con disabilità si sentono quasi di disturbo. È mai possibile?». Arjola, con la sua forza (e il fidanzato al fianco), incoraggerà gli studenti a portare avanti le istanze dei compagni meno fortunati. «Io ho preso da poco il diploma – insegna l’atleta -. La scuola deve essere in prima linea, il luogo dove sull’inclusione non si può proprio transigere».

Elisabetta Andreis (Corriere)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.