Milano 9 settembre – Quando vidi arrivare Cinzia ero seduta al tavolino del bar e per tenere sotto controllo il mio nervosismo avevo già consumato un the accompagnato da abbondantissima pasticceria. Notai che Cinzia teneva in braccio una cagnolina di piccola taglia, ansiosa di raccogliere consensi e sorrisi quanto la sua padrona: si trattava di un terrier tutto pelo e occhi. Questi ultimi, benché grandi e vispi, sarebbero rimasti del tutto nascosti dal folto e lungo ciuffo che ricadeva su di essi, se Cinzia non avesse determinato di trattenerlo sulla fronte con un codino guarnito da un vistoso fiocco rosa a pois bianchi. Il piccolo collo canino era circondato inoltre da una fascia di cuoio dello stesso colore del fermaglio a fiocco, ma anziché essere tappezzata di pois bianchi, era ricolma di gemme luccicanti, particolare che lasciava dubbiosi sul fatto che avessero voluto applicarle un guinzaglio per cani anziché una collana.
Quando Cinzia si sedette davanti al tavolino del bar, la cagnolina sembrava comprendere che la attendeva un lungo periodo di noia mortale: in principio diede qualche segno d’insofferenza, ma poi emise uno sbadiglio e si rassegnò sistemandosi in una posizione per lei comoda e cercò di dormire. Benché piccina, seguendo la padrona nelle sue giornate sconclusionate e noiose, sembrava aver compreso ormai tutto dalla vita.
– Ti ho chiesto questo incontro per informarti in merito alla condotta del tuo Angelo – disse Cinzia.
Parlava con un tono di voce che sembrava una via di mezzo tra l’adirato e l’offeso. Possibile che mi fossi sbagliata sul suo conto? Possibile si trattasse di una vittima innocente della mania di sedurre ad ogni costo di Angelo? Attesi prima di rispondere: un po’ per la presenza del cameriere che si era avvicinato per prendere l’ordinazione di Cinzia alla quale io aggiunsi un caffè, e un po’ per avere il tempo di preparare la mia risposta.
– Che cosa ha potuto combinare Angelo di tanto sconvolgente o offensivo da urtare la tua sensibilità se a mala pena lo conosci? – chiesi infine.
– Me? No, è di te che dobbiamo parlare! Devi sapere che Angelo si sta comportando malissimo nei tuoi riguardi.
Col suo sfogo Cinzia esibiva uno zelo che sembrava spropositato persino in relazione all’amicizia che ci aveva unite prima dell’intromissione di Angelo, come potevo dunque pensare che a muoverla fosse un vero interesse nei miei confronti? Eppure, udito il suo sfogo, per un attimo ritenni che sarebbe seguita una sorta di confessione accompagnata poi da un percorso di espiazione dei suoi peccati. Invece, inaspettatamente chiese:
– Lo sai con chi ti tradisce il tuo bello?
Avrei voluto chiedere: “A parte te?”, ma non dissi nulla. Attesi il nome senza neppure troppa trepidazione.
– Con Rebecca! – disse infine con rabbia, come se Angelo avesse offeso più lei che me.
Quando Cinzia pronunciò il nome di Rebecca, io stavo sorseggiando il mio caffè; e all’udire quel nome, quasi la bevanda mi andò di traverso. E non perché fossi sconvolta dal fatto che Angelo frequentasse a mia insaputa Rebecca, ma perché Rebecca accusava Cinzia di fare quello che Cinzia accusava Rebecca di fare. “Che gran casino!” pensai, “Possibile che Angelo sia riuscito a creare subbuglio tra me e tutte quante le mie amiche? Prima di conoscere Angelo, sia con Cinzia sia con Rebecca vi era un certo affiatamento; ora invece eccoci qui, indaffarate a ferirci l’un l’altra”.
Cinzia si accorse che quasi il caffè mi andava di traverso, ma non udendo da parte mia alcun commento, chiese stupita:
– Non dici nulla?
– Tanto per cominciare – replicai – sarei curiosa di sapere come tu sia venuta a conoscenza dei rapporti che intercorrono tra loro.
– Li ho visti con i miei occhi – rispose lei.
– E perché la cosa t’infastidisce tanto? Non è per caso che Angelo ha chiesto un incontro anche a te?
Cinzia non rispose e neppure arrossì: non era tipo da arrossire lei! Mi guardò sospettosa, ma per il resto non fece nulla che potesse tradirla. Ed io, del resto, non avevo bisogno di una confessione.
– Se Rebecca vuole Angelo, che se lo prenda pure – dissi infine. – Non sai quanto mi dispiace per lei! O per te, nel caso tu stessi parlando solo per animosità nei confronti di Rebecca e cercassi un’alleata in me con la speranza che fra le due litiganti Angelo preferisca te.
– Ma cosa stai dicendo? – replicò Cinzia guardarmi sbigottita.
Io mi alzai, andai verso il bancone del bar e prelevai un pacchetto di gomma da masticare:
– Lo metta sul conto della mia amica insieme a tutto il resto – dissi al cameriere indicando il tavolino di Cinzia e il consistente avanzo della pasticceria che mi ero fatta servire insieme al the.
Poi me ne andai masticando vistosamente e lasciando a Cinzia il conto da pagare.
– Stronza! – urlò lei facendo trasalire la cagnolina che si era appisolata con la testa appoggiata sul suo petto.
Questa, messa in allerta, si sollevò con gli occhi sgranati dallo stupore e le orecchie drizzate pronte a cogliere ogni minimo rumore sospetto. Poi guardò il volto della sua padrona che continuava a imprecare tra i denti e, comprendendo che non poteva avercela con lei giacché aveva dormito tutto il tempo e non aveva dunque combinato nulla di riprovevole, si guardò intorno. Fu allora che mi vide allontanare e iniziò ad abbaiarmi in modo talmente insistente che anche Cinzia dovette alzarsi, pagare il conto e uscire.
Dal libro ‘Dea di seduzione’ di Michela Pugliese
Sito: gocciadinchiostro.wordpress.com
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