Toulouse Lautrec, l’artista che disegnava i cavalli perchè non poteva cavalcarli.

Zampe di velluto

Il conte Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa era un artista francese di fine Ottocento. Il padre di Henri era un ricco bizzarro esibizionista, dongiovanni, amante della caccia e dell’ippica. Amava le corse che si svolgevano a Chantilly ed era sempre presente. Avrebbe voluto che anche il figlio divenisse abile nella caccia e nell’equitazione. Un giorno, incitando il figlio a condurre una vita all’aria aperta gli disse: “Se tu dovessi conoscere l’amarezza dell’esistenza, troverai soprattutto nel cavallo, ma anche nel cane e nel falco, dei compagni preziosi, che ti aiuteranno a superare le tue afflizioni”.

Purtroppo il sogno del padre non si realizzò mai. Il motivo è da ricercare nel fatto che i genitori di Henri erano primi cugini: a quel tempo era usanza comune sposarsi tra consanguinei nelle famiglie nobiliari. Lo scopo era quello di preservare la purezza del sangue nobile. Per ironia della sorte, però, il loro primogenito Henri, a dodici anni risultò affetto da picnodisostosi, una malattia ossea di natura ereditaria che gli procurava fortissimi dolori, dovuta proprio alla consanguineità dei genitori. E neppure i guai di Henri finirono qui: a quattordici anni cadde da cavallo (qualcuno sostiene però che sia scivolato sul parquet troppo incerato) e si ruppe il femore sinistro; l’anno successivo cadde in un fossato e si ruppe l’altra gamba. Queste fratture non guarirono mai e gli impedirono un armonioso sviluppo scheletrico: le sue gambe, infatti, smisero di crescere e rimase alto solo 1,52 m. In pratica sviluppò un busto normale, ma le gambe rimasero quelle di un bambino.

Henri, costretto dalla malattia e dalle continue fratture a lunghi periodi di degenza, non poté dunque né divenire un abile cavallerizzo, né trascorrere troppo tempo all’aria aperta come il padre avrebbe voluto. Nei lunghi periodi di degenza, per vincere la noia, Henri iniziò a disegnare: i primi soggetti furono proprio i cavalli, avendo ereditato dal padre la passione per l’ippica. Realizzò in tutto una cinquantina di disegni dedicati al cavallo. Qualcuno scrisse: «i cavalli, se non poteva cavalcarli, almeno poteva dipingerli!».

A quel tempo, tuttavia, quando gli era possibile Henri non mancava di spostarsi da un castello all’altro e nelle tenute della famiglia dove poteva forse studiare gli animali in movimento. Crescendo, però, preferì avventurarsi nel buio dei cabaret parigini più che vivere all’aria aperta. E furono proprio i cabaret a inspirare le successive opere. In poco tempo divenne uno degli illustratori e disegnatori più richiesti di Parigi: gli vennero commissionati manifesti pubblicitari per le rappresentazioni teatrali, i balletti e gli spettacoli dei café-concert. Passava molto tempo nei bordelli parigini e lì studiava la nudità, per trasformarla in arte e colore. Soprattutto la madre, donna bigotta, fu scandalizzata dalle scelte del figlio.

Il corpo grottescamente deforme di Henri non costituiva poi impedimento a dongiovannesche avventure: quando la relazione sentimentale che lo legò a Suzanne Valadon, un’ex acrobata circense, terminò in maniera burrascosa, questa tentò persino il suicidio.

Henri non aveva ancora compiuto trent’anni quando la sua salute già precaria si aggravò a causa della sifilide, contratta nei bordelli parigini, dove ormai era di casa. Al suo aggravamento contribuì anche l’alcolismo. Dopo un’improvvisa emiplegia, il suo destino era segnato: per il dolore non riusciva a mangiare né a portare a compimento gli ultimi ritratti. Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa, ultimo erede della gloriosa dinastia, si spense all’età di trentasei anni. Nei vent’anni di attività fu autore di 600 dipinti, 350 litografie, 31 manifesti e 9 incisioni.

Michela Pugliese

Sito: gocciadinchiostro.wordpress.com

 

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