Milano 11 Novembre – Che miseria, davvero. Hanno passato l’ultimo mese abbondante a sbraitare contro Trump e a profetizzare la sua inevitabile sconfitta, forti della loro sicumera, della loro indiscutibile capacità di leggere la realtà, o meglio della loro conoscenza approfondita dell’America vera. Loro, gli Analisti e gli Intellettuali Illuminati.
Oggi li vedi a capo chino, sguardo smorto, occhiate sfuggenti da sconfitto, faticare da pazzi nel cercare di arrampicarsi sugli specchi, nel dare un senso al loro fallimento. Ha cominciato Vittorio Zucconi in un intervento video su Repubblica in cui ha dovuto ammettere “La colpa di quanto accaduto è in buona parte nostra. Noi giornalisti inviati in America che non abbiamo raccontato l’America che ha votato Trump, che siamo troppo circoscritti, che non abbiamo guardato l’America profonda”. Ti sembra una dichiarazione di umiltà, un atto di onestà intellettuale, un’ammissione di sconfitta. E invece, eccola lì l’ideologia che acceca di nuovo l’interpretazione del mondo, con l’odiosa spocchia di saperne di più dei cittadini che hanno liberamente votato e scelto. “L’America di Trump è l’America dei forconi” (con palese connotazione negativa) e “chi ha votato per lui temo si pentirà amaramente di averlo ascoltato, visto l’immediato crollo delle Borse”. Noi vabbè abbiamo sbagliato nelle previsioni, dice Zucconi, ma voi avete sbagliato nelle votazioni. La colpa dunque è vostra, americani…
C’è chi riesce a fare ancora peggio, come Federico Rampini, l’altro inviato di punta di Rep in America che, sul suo blogghino sul giornale, quasi con discrezione, ci tiene a far sapere che “non c’è solo il disastro dei sondaggi, ma anche di giornali storici come il New York Times e il Washington Post, di nuovi siti come Politico.com, di reti televisive come la Cnn” che avevano chiamato alle armi per impedire l’avanzata di Trump; e più in generale “la perdita d’influenza di quello che era stato il Quarto Potere”. Hanno sbagliato tutto, dunque. Sì, ma i giornali e le tv americani. Mica i nostri, mica Repubblica, che pure fino a ieri presentava una doppia paginata coi delegati certi per la Clinton (253) e quelli certi per Trump (163): in pratica Hillary, secondo le stime attendibilissime del quotidiano diretto da Calabresi, era a un tiro di schioppo dalla vittoria, le mancavano solo 17 delegati per arrivare a 270. Peccato poi che, alla prova dei fatti, ne abbia presi la miseria di 232. Si vede che erano sicuri, ma non troppo…
Così come sicuro, anzi sicurissimo, era Gad Lerner che fino a ieri sera annunciava tronfio, con buona pace degli ultimi trumpisti rimasti: “Trump diventerà presidente solo se ci sarà il più macroscopico errore della storia dei sondaggi degli ultimi anni. Tutto può succedere nella vita, ma la sorpresa Trump non sembra proprio più possibile ormai”. Ahahahaha. Scusate la risata, non è molto professionale, lo so, ma proprio non ce la si fa a contenersi. “Non sembra proprio più possibile ormai”?! Trump ha dato uno sganassone alla Clinton, superandola di 70 delegati, non solo ha vinto, ma ha trionfato, o meglio “triumphato”, giusto per parafrasare il titolo di oggi del NYT, a dimostrazione che la sua vittoria non solo era possibile, ma anche più che verosimile. Niente, nella turris eburnea in cui era rinchiuso, Lerner era convinto che nulla avrebbe potuto far crollare le sue convinzioni. E se poi la realtà non si fosse adeguata alle sue idee, peggio per la realtà.
Dovrà farsi un esamino di coscienza anche Giovanna Botteri, la giornalista di Rai 3, che da giorni ci ammorbava con la sua descrizione di un’America spaccata in due: da una parte i cattivi, ignoranti, guerrafondai tifosi di Trump; dall’altro i buoni, illuminati e civili sostenitori della Clinton. L’Americabella e avanzata contro l’America retrograda e razzista. Da una parte i vincenti per consacrazione divina, dall’altra i destinati alla sconfitta. Poi le cose si sono rovesciate, e la Botteri, come il Tiziano Ferro delle origini, non se lo sa spiegare…
Ma il premio “peggior analisi del voto” va al presidente emerito Giorgio Napolitano che, dopo aver tuonato fino all’altro ieri contro la minaccia populista in America, a vittoria acquisita di Trump, commenta ai microfoni di Radio Uno: “È uno degli eventi più sconvolgenti nella storia del suffragio universale”. Non se n’è fatto una ragione, Giorgio, che i cittadini possano votare, scegliere liberamente il proprio presidente, e non debba essere un comitato di saggi e potenti, una Troika calata dall’alto, a indicare questo o quel capo di governo. Benvenuto nel magico mondo della democrazia, Re Giorgio. E, come te, tutti coloro che oggi a buon titolo si possono definire Perdenti.
Gianluca Veneziani (L’Intraprendente)
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