Società civile, vent’anni dopo

Attualità

Milano 8 Settembre – Il primo Vaffaday, un Grillo che già sentiva aria di vittoria si intitolava l’essere società civile. In un buio pomeriggio di fine Novembre, anno 2011, Monti rivendicò la stessa cosa. Anche lui era la società civile. Dopo 22 anni dalla nascita, gloriosa, della seconda Repubblica, sulle macerie della politica si ergeva, vittoriosa ed enigmatica, questa “società civile”. Di cui tutti si dichiaravano paladini. beppe-grillo-mario-montiE che su tutto vigilava. Era la moralizzatrice dei costumi, era il censore austero che faceva i conti in tasca ai politici. Controllava, occhiuta, i casellari giudiziari, le richieste di rinvio a giudizio, gli avvisi di garanzia. L’ossessione per gli scontrini, per il controllo del rimborsi spese all’ultimo centesimo è la cifra stilistica di questa Dea, feroce e vendicativa. Da una parte. Dall’altra era un’austera nobile decaduta, abituata da sempre ad avere a che fare coi numeri, non con le persone. Abituata a rispondere ai Consigli di Amministrazione e non ai Consigli Comunali. Che mal sopportava di essere ostacolata da cose per lei senza importanza, tipo la concertazione, la mediazione o le sofferenza dei milioni che condanna in nome dei suoi attuali padroni: la finanza mondiale o i diktat di alcuni Paesi stranieri. Insomma, una divinità a due facce che condividono alcuni tratti. L’odio per qualcuno o qualcosa, che oscura l’amore per la Patria ed i suoi cittadini. L’invidia, divorante. La spietatezza, tipica di chi disprezza chi ti ha preceduto perché ti è superiore. Grillo e Monti sono due facce della stessa ipocrisia. Ed una perversione, odiosa e dolorosa, di quello che fu un anno umanamente e politicamente straordinario per la VERA società civile.

Nel ’94 il meglio dell’Intellighenzia che non voleva piegarsi al Pds ebbe il coraggio di unirsi. Il Presidente Berlusconi chiamò a raccolta intellettuali del calibro di Urbani e Martino, Ferrara e Baget Bozzo. berlusconi-manifesto-1994-007Il punto di partenza, come sintetizzato molto dopo, era che l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio. E questo avvenne. Avvenne con una squadra di entusiasti, di uomini e donne liberi, che venivano da molte tradizioni diverse e che avevano una cosa in comune, vinsero contro tutti i pronostici con solo l’amore dalla propria parte. L’amore per la Civis, cioè la città. Città, in greco, si dice polis. Da cui politica. Nessuno di loro la disprezzava. Il loro obiettivo governare né contro, né su qualcuno. Ma con. Con chiunque amasse quanto loro ricostruire. Non volevano distruggere. Non volevano un repulisti. Non si sentivano un’aristocrazia che benignamente elargiva al popolo ignorante la sua sapienza. Non erano una massa assetata di sangue e vendetta. Erano il meglio della società. Erano civili. Ed hanno contribuito a far crescere una classe dirigente che si è sempre impegnata sul territorio. Che ha consumato le scarpe, nelle periferie, non certo nei salotti come loro, a risolvere problemi. Ed oggi, dopo anni di onorato servizio, questi ragazzi del 94 dovrebbero farsi da parte per lasciare il posto alla Raggi?

Io credo di no. Credo sia ancora possibile ricostruire l’Italia. E credo prima di tutto e soprattutto che per farlo si debba ritrovare l’unità dei tempi eccezionali. L’alternativa sono il teatrino di Roma con due dimissioni per ogni nomina o la triste ecatombe della Fornero, impostaci da fuori con centinaia di migliaia di vite spezzate per rincorrere mezzo punto di spread. Questa sarà anche la nostra società, ma mi rifiuto, categoricamente, di pensare che sia qualcosa di civile.

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On. Stefano Maullu Eurodeputato di Forza Italia 

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