Gli sguardi di pietra e gli sguardi digitali di Lecce.

Attualità
A Lecce, per me, tutto inizia con uno sguardo. Non il mio, il loro.

Sul cantonale del palazzo del ’600 in cui alloggio, Roiss Haus Suites in Palazzo Rossi, un balcone scenografico si affaccia sulla strada. A sorreggerlo, figure di pietra o meglio volti umani contratti nello sforzo, corpi deformati, animali fantastici che sembrano spuntare dalla muratura per tenere quel peso sospeso nel vuoto. Hanno occhi di pietra, ma l’impressione è che stiano davvero guardando giù, verso chi passa. Da secoli sono lì, testimoni di un viavai incessante che oggi include anche me,  Piera e Lorella, compagne di lavoro e di viaggio, con i nostri bagagli e gli immancabili smartphone in mano.

Intorno, il centro storico è un teatro fisso. Le facciate scolpite, gli altari di pietra, le cornici esagerate, i santi, gli angeli, i demoni, gli stemmi: tutto è dichiarazione pubblica.

Perchè a Lecce il barocco non è solo ornamento, è linguaggio, è codice. I palazzi non decorano la città, la scrivono. Ogni figura ha un senso, ogni simbolo colloca qualcuno in una gerarchia, racconta un’appartenenza, un potere, un ruolo.

Cammino verso il portone di Palazzo Rossi e mi accorgo che Lecce non è solo una città da guardare. E’ una città che ti restituisce lo sguardo, perchè il balcone di un palazzo nobiliare è una dichiarazione permanente della casa che rappresenta; potrei affermare che è la homepage della famiglia, scolpita in pietra. In questo senso, il palazzo è già un’interfaccia; la sua facciata è un profilo pubblico, un “about” visivo che parla di storia, di prestigio e di status.

Poi il Seicento incontra il presente. Accanto al portale barocco e allo stemma di famiglia, compaiono il citofono moderno, il videocitofono, il badge o il tastierino numerico, la serratura elettronica, il router nascosto che irradia wi-fi in tutte le stanze. In tanti palazzi storici trasformati in strutture ricettive, questi “occhi” digitali si affiancano ai volti di pietra; e così dentro architetture nate secoli fa si intrecciano sguardi di pietra e sguardi digitali, memoria materiale e memoria di dati.

Il palazzo che mi ospita è un ibrido ben riuscito. È dimora nobiliare, struttura ricettiva, pezzo di patrimonio culturale e, allo stesso tempo, nodo di una rete globale di piattaforme. Mentre salgo le scale, sento la pietra consumata dai passi di chi è passato prima di me, ma percepisco anche l’organizzazione silenziosa dei sistemi che aggiornano il mio soggiorno, registrano il check-in, collegano il mio nome a una stanza. Tradizione dell’accoglienza e strumenti digitali non si scontrano, ma si integrano, rendendo il soggiorno fluido, confortevole e naturale.

Strutture come Roiss Haus Suites hanno un ruolo prezioso, perchè non solo custodiscono un frammento straordinario di patrimonio barocco, ma lo connettono al presente con cura, armonizzando accoglienza, tecnologia e rispetto per chi attraversa questi spazi. L’uso misurato degli strumenti digitali, l’integrazione discreta nelle architetture, l’attenzione all’esperienza dell’ospite raccontano di una scelta chiara ovvero far dialogare innovazione e tradizione senza che l’una schiacci l’altra.

Risalgo verso la mia stanza, passo sotto il balcone e sento addosso gli occhi di pietra che vegliano sulla strada da secoli. Intorno a me, sistemi moderni si aggiornano e lavorano in silenzio per organizzare arrivi, partenze, preferenze, comfort. Nel mezzo, ci sono io, con Piera e Lorella, ospiti temporanee, sospese tra una storia scritta nella pietra e una quotidianità fatta di schermi, codici e connessioni.

Lecce, con i suoi volti scolpiti e le sue interfacce discrete, mi conferma che non esiste solo un modo di abitare il tempo; mi mostra che si può custodire la memoria e, allo stesso tempo, aprirsi al digitale senza perdere identità. In questo equilibrio, Roiss Haus Suites, in Palazzo Rossi, diventa per me il simbolo di una convivenza possibile e armoniosa tra sguardi di pietra e sguardi digitali, tra il passato che resta e il presente che cambia, sempre con la stessa delicatezza con cui si accolgono gli ospiti migliori.

Avv. Simona Maruccio

simona@maruccio.it

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