Negozi di vicinato: un’Italia che cambia e una Milano che rischia di perdere la sua anima

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Da oltre dieci anni il commercio di prossimità in Italia attraversa una crisi silenziosa ma profonda. Dal 2012 al 2024 hanno chiuso più di 140mila attività: negozi di abbigliamento, ferramenta, botteghe storiche, piccoli esercizi che davano ritmo e identità ai quartieri. Le cause sono tante: affitti troppo alti, costi energetici cresciuti, concorrenza dell’online, mancanza di ricambio generazionale. Il risultato è la diffusione di oltre centomila locali sfitti che, soprattutto nei centri storici, creano vuoti urbani difficili da ignorare.

Milano, nonostante dinamismo e attrattività, non è immune. Solo all’inizio del 2025 hanno chiuso 473 negozi, in gran parte nelle periferie. Tra il 2020 e il 2022 sono scomparse 549 botteghe storiche, spesso schiacciate da canoni insostenibili. Il Comune sta mappando le aree più a rischio e sostenendo le microimprese, ma il fenomeno richiede interventi più profondi e coordinati e non spot.

In questo contesto, diventano cruciali proposte concrete che possano essere applicate proprio a Milano. Tra le misure più urgenti ci sono contratti di affitto calmierati e incentivi pubblico-privati per riattivare i tanti locali sfitti. Serve animare di nuovo i quartieri con programmi di iniziative culturali e sociali, dare spazi all’aperto alla vendita di prodotti di qualità e sostenere chi vuole aprire o rilevare una bottega con percorsi di accompagnamento dedicati. Fondamentale anche aiutare i negozi a integrarsi con il digitale, puntando su e-commerce di quartiere e sistemi logistici sostenibili.

La rigenerazione urbana deve includere il commercio di prossimità: nei nuovi interventi edilizi dovrebbero trovare posto botteghe, artigiani e servizi di quartiere. Accanto a questo, una mappatura aggiornata dei Municipi, un fondo comunale rotativo per le imprese più fragili, bandi per nuove aperture e iniziative di welfare territoriale — con crediti da spendere nei negozi sotto casa — possono davvero fare la differenza. A Milano si potrebbero organizzare presidi delle forze dell’ordine e rete di telecamere presidiate costantemente con una linea di intervento privilegiata per i commercianti, si potrebbe ridurre le tasse locali ad alcune tipologie di commercianti, Aiutare i commercianti a tenere le vetrine sempre accese con sgravi sulla tassa sulle insegne, fino a derogare area B, C e ZTL per chi gestisce o è proprietario di negozi e lavoratori sensibili e attivare per gli stessi le strisce blu gratis.

La desertificazione commerciale non è solo un fenomeno economico: riguarda la vita quotidiana delle persone. Dove i negozi resistono, resistono anche le relazioni, la sicurezza, la vitalità dei quartieri. Un quartiere con negozi aperti è un quartiere vivo, dove ci si incontra, si chiacchiera, si conoscono le persone. Un quartiere senza negozi è un luogo dove si passa, non dove si resta. Prerogativa che non hanno i pubblici servizi e i bar che stanno crescendo a dismisura sfilacciando ancora di più il tessuto sociale e relazionale dei quartieri.

Quello che sta accadendo ai negozi di vicinato non riguarda soltanto le imprese: riguarda il modo in cui viviamo le città, il modello di città che vogliamo.

Milano ha tutte le risorse per invertire la rotta: ora servono scelte coraggiose e politiche mirate per riportare luce nelle sue vie.

Mariangela Padalino,

Capogruppo Noi Moderati Consiglio Comunale di Milano

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