Lo scrittore che ha cambiato il significato del romanzo poliziesco diventando il re del giallo

Cultura e spettacolo

Wladimiro Giorgio Scerbanenko, ucraino di nascita e milanese di adozione, classe 1911 è stato un giornalista molto versatile e scrittore poliedrico.

Dopo aver italianizzato il suo nome in Giorgio Scerbanenco, i suoi inizi furono come direttore della rivista Novella, e fondatore del settimanale Bella.

La prima, un tempo concepita come periodico letterario e successivamente declinata per un pubblico femminile, a cui dovette un successo strepitoso di vendite, tra l’altro stampata con inchiostro viola, diventerà poi Novella 2000 grazie ad Enzo Biagi, con la guida Rizzoli, un giornale di cronaca rosa e gossip arrivato fino ai giorni nostri.

La seconda, Bella, (qualcuna di noi se la ricorda com’era in edicola), sempre di Rizzoli e in concorrenza con Annabella, era una rivista femminile generalista.

Ma Scerbanenco è noto soprattutto per i suoi romanzi polizieschi, magistrali nella costruzione e nella morale di fondo. Tanto che è considerato il padre del giallo italiano e  gli è stato dedicato un premio, il Premio Scerbanenco per il genere giallo

Ambientati nella Milano del dopoguerra, durante il boom economico, vanno controcorrente, mettendo in scena vicende sordide, ambienti fumosi, personaggi dalla dubbia moralità, quasi a voler scardinare le sicurezze del nascente benessere e della nuova società emergente.

Protagonista di molti dei suoi romanzi, (la quadrilogia), è Duca Lamberti un giovane medico radiato dall’Ordine e arrestato per avere praticato l’eutanasia ad una paziente terminale (tema ante litteram).

Tra i romanzi più apprezzati con questo personaggio, ricordiamo il titolo “Traditori di tutti”, in cui le tinte fosche degli eventi si mischiano e sono la conseguenza dello spessore caliginoso e dissoluto dei personaggi.

Nella complicata storia narrata vediamo un Duca Lamberti, da medico trasformatosi in investigatore estemporaneo, che si pone come personaggio all’esterno di un fiume, flusso di intricate vicende in cui appunto tutti tradiscono tutti e la moralità è diventata solo un nome, a favore di interessi personali, trame imbastite, tradimenti e vendette.

Probabilmente, Scerbanenco traeva molte delle sue idee dalle rubriche di lettere in cui rispondeva sui suoi giornali, dove i lettori riversavano i loro casi e le loro angosce.

Angosce che lo scrittore captava e che trasferiva nei suoi romanzi da cui sono stati tratti anche film postumi, tra cui “Milano calibro 9” e che prefiguravano tempi successivi, un decennio di fatti di cronaca, gli anni 70, che avrebbe ulteriormente esacerbato gli scenari descritti da Serbanenco.

Eleonora Prina

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