“Ho usato l’IA”. E allora? Roma rigetta il ricorso introduttivo, ma niente art. 96 c.p.c.

Attualità

Quando l’avvocato dichiara, nero su bianco, di aver usato l’intelligenza artificiale, il Tribunale deve “punire” con la responsabilità aggravata?

Non necessariamente. La decisione del Tribunale di Roma (Sez. Lavoro, 25 settembre 2025, Giudice Amalia Savignano) segna un punto di equilibrio: il ricorso, “dichiaratamente redatto con supporto dell’intelligenza artificiale, è stato rigettato, con condanna alle spese, ma senza applicazione dell’art. 96, comma 3, c.p.c. La sola circostanza dell’utilizzo dell’IA, insomma, non basta. Conta come la si usa, cosa si deposita e quanto si controlla.

Cosa ha deciso il Tribunale di Roma (e perché non ha “punito” l’IA)?

Il ricorso verteva sull’opposizione a un preavviso di fermo amministrativo. Il giudice ha respinto la domanda mettendo in fila tre profili dirimenti dell’atto introduttivo e segnatamente: la genericità, atteso che difettava l’indicazione degli enti creditori e della natura degli “atti presupposti”; la confusione tra cartelle ed avviso di addebito, posto che dal 2011 l’INPS non usa più il ruolo e la cartella ed emette avvisi di addebito con valore di titolo esecutivo; la decadenza/prescrizione eccepita senza fatti ovvero il Tribunale ricorda che il mero richiamo documentale non basta e che le prove vanno allegate e argomentate nell’atto, non solo “caricate” nel fascicolo.

Il punto chiave della pronuncia?

A fronte di un ricorso “IA-assisted”, il giudice non ravvisa gli estremi della mala fede o colpa grave richiesti per l’art. 96, co. 3, c.p.c. La parte perde, paga le spese (6.873 euro ciascuna alle controparti), tuttavia non viene sanzionata per lite temeraria. L’uso dell’IA, da solo, non è un’aggravante automatica.

Il contrappunto: quando l’art. 96 c.p.c. scatta davvero ?

Ho già scritto di altri Tribunali che negli stessi giorni hanno imboccato la strada opposta.

Il Tribunale di Torino, con sentenza del 16 settembre 2025 (n. 2120/2025), ha condannato per responsabilità aggravata in ragione di ricorso “predisposto con IA” ed infarcito di citazioni astratte, illogiche e inconferenti, scollegate dal caso concreto.

Il Tribunale di Latina, con la pronuncia del 23 settembre 2025, ha condannato ex art. 96 per ricorso “a stampone”, redatto in serie con IA, di scarsa qualità e non pertinente al thema decidendum.

Quale è la morale processuale?

Potrebbe essere che dove l’atto si presenta quale “coacervo” di massime slegate, privo di allegazioni specifiche e di aderenza al fatto, l’art. 96 c.p.c. possa scattare, perché si è in presenza di mala fede o grave negligenza. Laddove, invece, l’atto è debole o generico, ma non trasmoda in abuso, l’IA non è un marchio d’infamia.

Le citate pronunce disegnano un principio semplice e robusto: l’IA è uno strumento, non un esimente, né un’aggravante automatica.

Viene penalizzato l’uso temerario (Torino/Latina), non l’uso trasparente (Roma).

L’asticella non cambia, poichè resta il canone della diligenza tecnica dell’avvocato, che implica controllo, pertinenza e responsabilità della scelta difensiva.

La giurisprudenza, allo stato, non vieta il motore. Ciò che è vietato, è guidare ad occhi chiusi.

Avv. Simona Maruccio

simona@maruccio.it

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