La domenica pomeriggio, negli anni 70 era d’obbligo, si passava in piazza Duomo, con i vestiti della festa a guardare le vetrine e le novità. Se poi era Natale, obbligatoria la puntata in Rinascente, all’ultimo piano, totalmente diversa dal bailamme di oggi.
Di sicuro il pomeriggio era assicurato, a guardare i giocattoli, sempre all’ultimo piano, strategicamente.
Per non parlare del divertimento a salire e scendere dalle scale mobili incrociate. Niente lusso, o poco e di gusto, niente marchi di brand sfarzosi e ostentati, schiamazzanti della moda come adesso.
In piazza si facevano le Polaroid e si aspettava, ridendo, che si sviluppassero e poi, verso sera, quando iniziava a fare buio, meraviglia, si accendevano in un miracolo di luci e colori, le insegne pubblicitarie di fronte al Duomo, dall’altro lato della piazza, come una moderna facciata di cattedrale.
Erano tantissime, sui palazzi tra via dei Mercanti e via Orefici, soprannominate dai Milanesi ” Le Luminose”. Immancabile Coca Cola, “il miglior ristoro”, Bulova orologi, il famoso amaro Cora, di cui c’erano anche le caramelle, con le spirali concentriche rosse, Abbigliamento Facis, Monti che non so cosa fosse, creme Kaloderma, il marchio pura lana vergine, Woolmark oggi sparito, ma che allora al solo pensiero faceva pizzicare la pelle.
Riello bruciatori oggi ancora esistente, l’aperitivo Aperol, elettrodomestici Candy, Cinzano, Longines orologi, il liquore Vov, le macchine per caffè Gaggia per i bar, Bosca, vermut e spumanti.
Poi, l’additivo Idrolitina, gli spumanti Gancia. Il dentifricio Sanoral, il cioccolato Dulciora, Eberhard orologi, Guglielmone biscotti, radio televisori Safar, impermeabili De.De.Fe., Inalatori Orefici, cura sordità rinogena.
Le penne Pelikan, chi non ne ha avuta una. Le pellicole fotografiche Kodak in rullini, Marvin dentifrici. L’Istituto Ambrosiano per signorine, stenodattilografia, lingue con macchine Olivetti.
Lus la penna per tutti da 1 a 6 colori.
L’omino della Brill lucidascarpe che ammirava le sue scarpe splendenti.
Infine, le immancabili Motta e Alemagna.
Ma la mia preferita era sicuramente la donnina Kores che seduta batteva a macchina, pubblicità dei nastri per macchine da scrivere e della carta carbone, oggi sconosciuta, ma allora se sbagliavi un carattere dovevi buttare tutto. Ogni tot secondi la donnina si spegneva e tu aspettavi che ritornasse.
Per fare un paragone attuale, sembrava la scena iconica delle insegne del film “Bladerunner”.
Un insieme di messaggi e marchi che rispecchiavano il ritrovato benessere dopo le miserie e ristrettezze del dopo guerra e testimoniavano l’avviato boom economico.
Insomma tutto un altro mondo se comparato ai marchi di oggi come Zara, H&M, Apple, Sephora, per dirne alcuni.
Dietro a tutte quelle luci ammiccati, da racconto del Marcovaldo di Calvino, placido e sornione come i secoli, stava e sta Palazzo Carminati, nome dovuto ad un famoso ristorante, al civico 17 di Piazza Duomo.
Palazzo degli anni 60 dell’800, dove le prime insegne comparvero verso gli anni 20 del 900.
Da tutto questo, prese anche ispirazione il poeta Giuseppe Saba che dedicò a questo ambiente colorato la poesia “Milano” di cui un verso recita: “Invece delle stelle si accendono parole”.
Da segnalare che le luminose comparvero tutte nella scena finale del film “Miracolo a Milano” quando i personaggi a cavallo delle scope volano verso il cielo, sicuramente il primo esempio di “productplacement” della cinematografia italiana, prima che ispirazione per l’E.T. di Spielberg.
Le insegne resistettero nel tempo, ma per motivi urbanistici, vennero smantellate nel 1999.
Oggi sarebbe bello ritrovarle, alcune sono ancora conservate e riunirle, magari in un polo museale, come testimonianza di un mondo che fu e che oggi sembra cosi lontano.
Eleonora Prina
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Bei tempi e bella quella Milano che fu. Una città con un’anima, veramente ospitale e anche più vivibile, anche socialmente.
Con questo signorotto dopo meno di un decennio, si può dire che la città è diventata una m****a in tutto, anche esteticamente.