Oltre la repressione un nuovo impegno per l’emergenza educativa
Martedì accoltellamento in piazza Mercanti alle ore 20 di un diciottenne. Una settimana fa la notizia del giovane studente che rischia l’invalidità per una ennesima aggressione del solito branco di giovani violenti. In mezzo un fine settimana in cui il Prefetto ha dovuto disporre controlli speciali sulla movida. In aggiunta ai 200 uomini delle forze dell’ordine che ogni fine settimana il Questore deve posizionare in Piazza Gae Aulenti per evitare che maranza giunti da fuori Milano grazie ai treni della vicina Stazione Garibaldi seminino il panico.
Il caso del bocconiano ferito brutalmente per 50 euro, il cinismo e la mancanza di qualsiasi pentimento manifestati dai responsabili nelle settimane successive ha sconvolto e indignato tutti. Dopo ogni fatto di cronaca e dopo lo sterile rimpallo di responsabilità politiche, il problema viene poi derubricato a microcriminalità o peggio ancora a disagio giovanile.
Sottovalutare la violenza giovanile fa grandi danni. Qui non solo abbiamo giovani la cui vita è stata segnata per sempre, ma abbiamo intere generazioni costrette a vivere con l’incubo, a cambiare le abitudini, a limitare la propria vita e i propri movimenti. E abbiamo Milano, la cui fama di insicurezza viaggia, purtroppo meritatamente, tra sondaggi, social e TV.
Non interessa disquisire se siamo di fronte a maranza immigrati o italiani di seconda generazione o a bulli lombardi, non interessa se sono di Monza, Rozzano o Corvetto; né se sono di buona famiglia o provenienti da contesti disagiati. Non importa se siamo di fronte a una reazione per discriminazioni razziali o economiche, oppure solo di fronte alla noia di giovani benestanti viziati.
Importa cogliere le dimensioni e la pericolosità della violenza giovanile dilagante, in tutte le sue declinazioni.
Siamo di fronte a una emergenza e va affrontata come altre emergenze che hanno interessato Milano (e non solo): dal terrorismo alla violenza politica, dalle rapine ai rapimenti ai rischi di terrorismo internazionale.
Questo approccio dovrebbe essere condiviso politicamente da tutti, senza distinzione di colore e senza dare la colpa alla società e buttare così la palla in tribuna.
Come tutti i fenomeni criminali, quello delle violenze giovanili si può e si deve vincere con:
A) indagini curate da magistrati specializzati e gruppi ad hoc delle Forze dell’Ordine
B) certezza delle pene senza inutili buonismi
C) controllo del territorio anche grazie a telecamere, polizia locale, Atm e Trenord, comitati di quartiere e vigilanza di vicinato.
Sappiamo che i branchi violenti agiscono in maniera efferata, muniti di lame e spray ma non sono certo dei corpi speciali di un esercito addestrato e magari segreto. Sono dei ragazzini vigliacchi, viaggiano sempre in gruppo, prevalentemente sulla rete Atm o sui treni regionali, oppure in monopattino e amano anche vantarsi sui social delle varie bravate. Dunque non è difficile individuarli, contrastarli e assicurarli alla giustizia.
Se vi fosse quindi la volontà politica di affrontare il fenomeno e si comprendesse che vanno uniti gli sforzi di Magistratura, Giustizia minorile, Forze dell’Ordine e Comune, la violenza giovanile potrebbe essere vinta in poco tempo, liberando la metropoli e altri giovani da questo incubo.
Capisco l’obiezione che non è solo un problema di sicurezza ma anche è un problema sociale e soprattutto una emergenza educativa. Sicuro. Dopo la repressione, per affrontare questa autentica emergenza, occorre lavorare perché la violenza non rinasca sotto altre forme, perché altri giovani non creino nuovi branchi, perché nuovi ragazzi non siano reclutati dalla cultura della violenza e dell’odio.
Le istituzioni e in primo luogo il Comune, un tempo all’avanguardia nella politica sociale, devono interrogarsi: cosa hanno realmente fatto per integrare nuovi giovani, per affiancare famiglie fragili, per sottrarre tempo alla solitudine e alla dipendenza da social, per contrastare prima di tutto sul piano culturale l’abuso di droga e alcol?
Forse nel prossimo decennio bisognerà cambiare le parole d’ordine della politica milanese, limitando termini un po’ astratti come green, lotta alle discriminazioni, accoglienza e proporre una nuova politica sociale, fatta di attività pomeridiane per i bambini e gli adolescenti di ogni censo, di sport anche per i figli di famiglie fragili, di attività culturali in periferia, di aiuti concreti alle associazioni che aiutano veramente tante famiglie. Di fronte all’emergenza educativa, ai genitori impreparati, allo spaccio e la diffusione delle droghe, alla cultura dell’odio e della lama in tasca, non bisogna voltarsi dall’altra parte invocando le competenze divise tra i vari enti. Bisogna sporcarsi le mani, affrontare le nuove emergenze criminali e sociali e poi organizzare nuovi servizi coinvolgendo tutta la solidarietà di cui Milano è ancora ricca, nel suo associazionismo, nella generosità privata, nelle istituzioni cattoliche, nelle eccellenze scientifiche e, non da ultimo, nei suoi nonni.

Fabrizio De Pasquale ha 60 anni, è sposato, padre di 2 figli e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche, è stato Capo ufficio stampa di varie aziende e del Ministero dei Beni Culturali. Ha lavorato per RAI ed Expo2015 e per un centro media. E’ stato per 24 anni Consigliere e poi Capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino. Conosce bene Milano ma non smette mai di scoprire i problemi e le eccellenze che la metropoli produce ogni giorno. E’ Direttore e amministratore di Milanopost dal 2014 e crede nel ruolo dell’informazione locale per migliorare la città e i suoi abitanti.
Il fallimento dei decenni di genitori incapaci, del mondo scolastico. E anche della sociologia e della psicologia.
Fabrizio, come sempre fai un’analisi impeccabile e proponi soluzioni concrete che condivido! È gravissimo sentire giustificazioni del fenomeno. Bisogna agire seriamente sul fronte educativo è punitivo insieme. Non esiste educazione senza deterrente alle cattive azioni e ai crimini che dilagano.
La politica della sinsitra di 15 anni di governo scellerato di Milano, ha portato a questa situazione. L’ideologia del buonismo della sinistra a creato ciò, portando Milano a una casba di migliaia clandestinini senza fissa dimora. Le toghe rosse hanno fatto il resto, insieme a una generazione di genitori che non hanno educato ma solo generato smidollati vili ragazzotti. La politica di governo centrale PD & company di 20 insieme 15 anni di comune di milano di sinistra , hanno affossato l’Italia e Milano la Capitale economica. I governi di sinistra hanno sempre delegittimato le forze dell’ordine, mettendole sempre sotto accusa. Il comune di Milano che ha la polizia locale la usa solo per estorcere soldi agli automobilisti senza fargli fare sicurezza. La polizia locale fra armi, manganelli, macchine equipaggiamento ci costa una fortuna. La polizia locale viene delegittimata, rilegata a fare ciò che il sindaco & C vogliono senza essere usata per quello che dovrebbe fare il corpo, oltre alle multe sicurezza, essere un riferimento come era una volta per i cittadini. Essere vicino ai cittadini. Questa sinistra dove governano fanno danni per incompetenza.