Doveva essere una mozione semplice. Una di quelle scritte a più mani da tutti i capigruppo di maggioranza per far contenti tutti e scontentare nessuno: qualche schiaffo istituzionalmente controllato ad ALER, un buffetto a MM (“non siete molto meglio”), e poi la solita ode all’edilizia a canone concordato — infilata lì come una suppellettile che non c’entra nulla ma che, in fondo, fa sempre scena. Una mozione di equilibri scritta da equilibristi, insomma. Talmente ben calibrata che sarebbe dovuta passare in scioltezza. Avrebbe, appunto.
Il segnale che qualcosa non tornava
Il campanello d’allarme è suonato quando al tavolo degli emendamenti si è presentato anche il Presidente della Terza Commissione, Guglielmo Pensabene (PD), affiancando la capogruppo dem Zanasi. Un gesto inspiegabile ai più: la capogruppo è persona preparata e navigata, perfettamente in grado di gestire gli emendamenti di una mozione che — dettaglio non irrilevante — era sua.
La domanda, inevitabile, è sorta spontanea: perché questo tandem?
Il nodo: la corrente non si sentiva rappresentato
La risposta è arrivata un attimo dopo, al momento di discutere gli emendamenti. Il “vice Maran del Municipio”, come Pensabene è chiamato da qualcuno con affetto, non si riconosceva pienamente nel testo portato avanti dalla sua stessa capogruppo. Tanto da presentare un emendamento proprio lui, d’accordo col gruppo ma decisamente non con la capogruppo, per promuovere l’affitto a riscatto nelle case popolari.
Una proposta intelligente, va detto: l’inquilino diventa proprietario subito, ma continua a pagare un affitto che di fatto si trasforma in rate di acquisto; nel frattempo può gestire manutenzioni e lavori come padrone di casa, senza aspettare tempi biblici. Idea buona, concreta, applicabile. Io stesso ho presentato un emendamento simile e, coerentemente, ho votato quello di Pensabene.
La sinistra e gli ecologisti, invece, no. E la cosa non è stata digerita benissimo.
L’esplosione: astensione in blocco sulla mozione
Malissimo, a dirla tutta. Talmente male che alla fine la sinistra si è astenuta sulla mozione intera. Come me, sì — ma per ragioni totalmente opposte: io perché concordavo con l’emendamento, ma non con la mozione, loro, invece, concordavano con la mozione e non con l’emendamento. Dunque l’equilibrio interno si era incrinato. Il momento più surreale è arrivato con la dichiarazione di voto della capogruppo PD, costretta a tenere insieme tutto e il contrario di tutto: un equilibrismo nell’equilibrismo, quasi a specchio.
Una sfiducia di fatto
Quello che è successo, in fondo, è semplice: il PD maraniano del Municipio 3 ha deciso di sfiduciare la propria capogruppo nei fatti, se non nella forma. E insieme le ha “commissariato” la mozione, entrando a gamba tesa sulla gestione politica del gruppo. Un modo piuttosto eloquente per ribadire agli altri consiglieri — di maggioranza e opposizione — chi comanda davvero. Una certa idea di “democrazia”, verrebbe da dire.
E con il Centro Storico non più garantito…
Certo, col Centro Storico che non è più il fortino sicuro di una volta, non si capisce bene da dove derivi questa sicurezza di impunità. Ma si sa: a sinistra il Modello Milano funziona così. Qualcuno è QUALCUNO. Tutti gli altri… no.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.