Geniale. Non c’è altro modo per definire l’ultima trovata comunicativa del PD milanese: commissionare, pagare e diffondere un sondaggio che certifica nero su bianco il proprio declino nelle zone simbolo della città. Un capolavoro di autosabotaggio politico, confezionato da Bidimedia, che racconta una realtà tanto evidente sul terreno quanto incredibilmente ammessa — per la prima volta — dallo stesso Pd.
Hanno fatto il deserto e lo hanno chiamato “Centro storico”
Il dato più sorprendente del sondaggio non è che il Pd resti formalmente primo partito in città: è che rischi di perdere proprio nella Zona 1, l’ex fortino rosso per eccellenza. Un risultato che grida vendetta, ma che ha una spiegazione semplice: il Pd ha contribuito in modo determinante a trasformare il centro in un luogo sempre più ostile al proprio elettorato naturale.
Prezzi fuori scala, politiche urbanistiche percepite come elitarie, espulsione di famiglie, giovani e ceti medi: in dieci anni la sinistra ha fatto il deserto e lo ha chiamato “riqualificazione”. Il risultato? Il loro elettorato si è spostato oltre la circonvallazione, mentre in Centro il centrosinistra regge solo grazie ai voti di Azione. Senza Calenda & co., dice il sondaggio, perderebbero.
Ripetiamolo: il Pd paga un sondaggio per certificare che senza Azione in Zona 1 non vince più. Chapeau.
Prossima area a rischio desertificazione: il Municipio 3
Se il centro è già perso sul terreno del consenso sociale — al netto dei numeri delle urne — la prossima zona a rischio è il Municipio 3. Non che il sondaggio preveda sconvolgimenti imminenti, ma la dinamica è chiara: i quartieri dove i prezzi corrono più veloci della qualità della vita rischiano di seguire lo stesso schema della Zona 1.
Se continui a spingere fuori chi renderebbe quei quartieri vivi, partecipi, politicamente attivi, finisce che votano… altrove. Non serve un sondaggio per capirlo: basta camminare in via Pacini, in Città Studi, lungo tutto l’asse Loreto–Lambrate.
Il sondaggio del Pd conferma ciò che tutti vedono: un partito a fine ciclo
Tolto lo scontato filtro politico — è pur sempre un sondaggio commissionato dal Pd — i numeri dicono una cosa semplice: il Partito Democratico è alla fine di un ciclo. È un partito affaticato, emotivamente e organizzativamente. Le inchieste sull’urbanistica hanno lasciato il segno. Il clima di fiducia in città è cambiato. Le culture politiche che lo componevano ormai si parlano solo attraverso eventi separati, come gli ultimi “Crescere” e “Una cosa di sinistra”.
Se anche il loro stesso sondaggio mostra crepe strutturali, vuol dire che il momento è maturo: il centrodestra ha un’occasione reale per dare la spallata.
La ricetta? La dà Lorenzo La Russa: serve un nome, non una bandierina
Uno dei protagonisti di questo ribaltamento — almeno sondaggistico — è senza dubbio Lorenzo La Russa, capogruppo in Municipio 1. E proprio da lui arriva l’indicazione più chiara sul “come”: in un reel su Instagram ha ricordato ciò che i numeri non dicono ma la politica sì.
Serve un nome. Un nome vero, non una bandierina di partito. Una persona che il prossimo anno stia ogni giorno sul territorio, insieme ai militanti che da anni combattono per una Milano diversa, più accessibile, più vivibile, più sicura. Il centrodestra può vincere solo se sceglie una candidatura civica, riconoscibile, concreta.
La politica fatta nei quartieri batte i sondaggi, sempre.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.
Ribadire che sono degli inetti e cerebrolesi sociali è inutile. Però è cosi.