Il Municipio 3 del Comune di Milano ha pubblicato un avviso per la co-progettazione del “Polo Giovani” — un servizio sociale di sostegno agli adolescenti e ai giovani presso lo Spazio Porpora e l’ex bookstore di via Boccherini. Un progetto che sulla carta parla di inclusione, diritti, cittadinanza attiva e parità di genere. Ma basta guardare ai numeri per scoprire l’altra faccia della medaglia: quella di chi predica il salario minimo, ma poi lo nega nella pratica.
Secondo il documento ufficiale, il Municipio mette a disposizione un contributo massimo di 25.000 euro all’anno per garantire 1.200 ore di attività annuali (cinque ore al giorno per cinque giorni a settimana, per 48 settimane). E si tratta di un “rimborso spese”, non di un corrispettivo economico vero e proprio.
Facciamo due conti. Se anche il progetto venisse gestito da due sole persone — cosa già ai limiti della fattibilità, visto che sono richieste attività educative, laboratoriali, di supporto psicologico e amministrativo — il compenso lordo sarebbe poco meno di 4 euro l’ora. E questo prima di considerare i costi per materiali, utenze, assicurazioni, rendicontazioni e burocrazia. In pratica, a chi lavorerà davvero con i ragazzi resterebbero in tasca forse 2,50 euro lordi all’ora, se va bene. Altro che salario minimo.
La sinistra al governo della città ama parlare di “dignità del lavoro” e “lotta al precariato”, ma quando si tratta di aprire il portafoglio, l’etica si ferma al portone del Municipio. Loro il salario minimo lo vogliono solo se a pagarlo sono gli altri.
E a completare il quadro, c’è un dettaglio che farà sorridere (o sospirare). Nel medesimo complesso di via Porpora opera anche il Mutuo Soccorso APS, che altro non è se non una delle tante maschere del Centro Sociale Lambretta. Insomma, è difficile immaginare un esito “sorprendente” per questa co-progettazione: più che un bando pubblico, sembra un avviso per amici e compagni di sempre.
Per fortuna, nessuno tratterrà il fiato nell’attesa di scoprire il vincitore. Ma resta l’ipocrisia: predicare giustizia sociale e salario minimo per le imprese, e poi proporre compensi da fame in una delle città più care d’Italia. Un doppio standard che, se non fosse triste, sarebbe quasi comico.

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.