Quel silenzio che dà forma ai ricordi, ai pensieri, ai sentimenti. Un silenzio vivo di rimpianto e tristezza, ognuno con il suo cuore, ma discreto, tenero, infinitamente partecipe. Così Milano ha dato il suo addio a Giorgio Armani, dopo due giorni si è chiusa la camera ardente che era stata allestita all’Armani/Teatro di via Bergognone. Sono state circa 16mila in tutto le persone che hanno omaggiato lo stilista. Lunghe code di un’umanità che ringraziava la sua genialità creativa, la coerenza, l’impegno e la grande generosità.

Quando mi dissero che in ufficio era consigliabile portare la giacca, comprai una giacca Armani per sentirmi sicura. Quando mi chiesero le colleghe che cosa desiderassi andando in pensione, chiesi un orologio Armani. Una garanzia e si scoprivano le donazioni a questa città che era diventata sua, che l’aveva lanciato nel mondo come unico e irripetibile.
Ma, permettetemi una digressione: sono di origine piacentine e so che Armani non ha mai dimenticato le sue radici, prova ne sia il funerale privato che si terrà oggi nel borgo piacentino dove Armani aveva acquistato un castello medievale. E sarà sepolto nel cimitero di Rivalta, sulle prime pendici della Valtrebbia.

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano