Dalla Milano di Albertini alla crisi del modello attuale: cosa non funziona più?

Milano

In una puntata speciale dei “Dossier Leoni Files”, Gabriele Albertini, Sindaco di Milano dal 1997 al 2006, offre una prospettiva illuminante sull’evoluzione del “modello Milano”, sollevando interrogativi sulla sua tenuta attuale alla luce delle recenti inchieste giudiziarie. Conversando con Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro, Albertini ripercorre un’epoca in cui Milano riuscì a coniugare crescita economica e rispetto della legalità, ponendo le basi per la trasformazione che ha reso la città un punto di riferimento internazionale.

Il “Miracolo Milano”: Legalità e Semplificazione

All’indomani di Tangentopoli, il mandato di Albertini fu caratterizzato da una visione chiara: ripristinare la fiducia attraverso la legalità, attrarre grandi investimenti internazionali e implementare semplificazioni burocratiche. L’obiettivo era che “non fosse la politica a ‘fare la torta’”, ma che creasse un ambiente favorevole affinché l’iniziativa privata potesse fiorire. La rigenerazione urbana di Porta Nuova e Garibaldi, la più grande mai realizzata in una città italiana, è l’emblema di quel periodo, dimostrando come fosse possibile coniugare sviluppo e trasparenza.

Il Modello Attuale Sotto Scrutinio

Il confronto tra il “miracolo Milano” di Albertini e l’attuale gestione di Giuseppe Sala si fa ineludibile. Le recenti inchieste della Procura di Milano, pur al di là dei profili penali, delineano un quadro preoccupante: un mondo in cui la complicazione burocratica e la mole di norme e adempimenti urbanistici sembrano essere compensate dal ricorso a decisioni discrezionali, spesso riconducibili a una cerchia ristretta.

Albertini commenta con preoccupazione questa tendenza: “Siamo abituati a pensare che le cose si possano fare presto e bene soltanto se si fanno in questo modo, ma in realtà in molti casi la democrazia, la trasparenza è un presidio che può evitare che avvengano cose sbagliate magari senza dolo, ma anche solo per distrazione. Non succede se ci sono più occhi che guardano.”

Le sue parole sottolineano un principio fondamentale: la trasparenza e la partecipazione non sono ostacoli, ma garanzie. Un sistema in cui “più occhi guardano” è meno incline a errori o derive, anche involontarie.

Cosa Resta del “Miracolo”?

La domanda cruciale che emerge dall’intervista è: cosa è rimasto del modello basato su legalità, grandi investimenti e semplificazioni nella Milano di oggi? Il rischio, secondo Albertini, è che si stia perdendo la bussola, scambiando la discrezionalità per efficienza e minando le fondamenta di trasparenza che furono la chiave del successo post-Tangentopoli.

L’eredità di Albertini invita a una riflessione profonda sul futuro di Milano: è l’attuale approccio l’unico modo per far funzionare una metropoli complessa, o si può tornare a un modello che privilegi la trasparenza e la legalità come motori di crescita duratura? La discussione è aperta, e le implicazioni per il futuro della città sono significative.

1 thought on “Dalla Milano di Albertini alla crisi del modello attuale: cosa non funziona più?

  1. Sono i rami che si sono creati su quello che fu la sinistra di un tempo. Nuove ideologie sociali, nuove percezioni di vita, visioni urbanistiche basate sull’ambiente a 360°, e terrorismo ecologico, buonismo cieco sull’accoglienza, immigrazione e integrazione senza paletti, idee utopiche sulla mobilità pubblica e privata, sistema economico basato sul turismo selvaggio e sul torchiare gli automobilisti,…. Tutto derivato, per assurdo, dalla borghesia meneghina che non ha nulla a che fare con la fu sinistra con l’applicare a tutti i costi le loro minchiate, che in realtà hanno favorito determinati meccanismi per arricchire e favorire certe lobby e famiglie, privando e castrando i comuni milanesi (e anche i giovani immigrati che sono arrivati dal sud tramite concorsi e borse di studio), demolendo i veri valori della sinistra e sgretolando quasi completamente realtà sociali e l’urbanistica piegandoli ai loro affari e ai loro modelli di agiatezza. Solo tanta ipocrisia e evidente inadeguatezza a gestire e amministrare la città.
    Chi può, può. Chi non può si deve solo adeguare e subire.

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