Il matrimonio di Bezos a Venezia divide, ma pone una domanda cruciale: vogliamo ancora turismo di massa o scegliere finalmente qualità e visione?
Il recente matrimonio blindato di Jeff Bezos a Venezia ha scatenato polemiche e indignazione, come se fosse questo l’autentico problema del nostro turismo. Eppure, secondo i dati diffusi dal Ministero del Turismo, l’evento potrebbe generare un impatto economico complessivo di circa 957 milioni di euro, pari a quasi il 68% del fatturato turistico annuale della città. Una cifra che parla da sola.
“Il matrimonio di Bezos è un segnale forte della crescente centralità dell’Italia nel panorama turistico internazionale” ha dichiarato il Ministro Santanchè, sottolineando come eventi di questo tipo rafforzino l’immagine globale del Paese e attraggano flussi turistici qualificati.

E allora, mentre ci si accanisce contro il lusso, centinaia di città d’arte italiane vengono ogni giorno travolte da orde di turisti low cost che bivaccano ovunque, sporcano, consumano e se ne vanno. Il vero tema è un altro: vogliamo finalmente scegliere che tipo di turismo vogliamo attrarre??
Vogliamo continuare a vivere di turismo low cost, che logora i territori senza restituire valore? Oppure vogliamo investire in un turismo di qualità, altospendente, rispettoso, evoluto?
Il turismo altospendente non è un capriccio: è una strategia economica e culturale
A Roma si lavano i piedi nelle fontane di Piazza di Spagna. A Palermo, il centro storico è diventato un gigantesco mercato di arancine take away, frequentato da orde di turisti in pantaloncini e infradito che scambiano il Cassaro per una sagra paesana. Firenze è soffocata da zaini, Napoli da affitti brevi e Venezia da navi e zattere fotografiche. Ma davvero ci stupiamo se l’Italia, per chi arriva, vale il prezzo di un panino e una birra da bere per strada?

Il punto non è l’ospitalità. È il prezzo che stiamo pagando in termini di decoro, economia e identità. Il turismo, quello che oggi chiamiamo “di massa”, non è più un’opportunità: è diventato un assedio. E la verità è che nessuno lo governa. Perché? Perché fa comodo. Perché “uno vale uno”, e allora avanti tutti, tanto che problema c’è se ti lavi i piedi nella Barcaccia?
La qualità si abbassa perché nessuno la pretende più. Tutti vogliono “vivere l’Italia”, fare “esperienze autentiche”, ma a prezzi ridicoli e senza alcuna preparazione. Il risultato? Una discesa continua verso il basso. Ristorazione improvvisata, artigianato svilito, monumenti presi d’assalto come se fossero attrazioni da luna park.
In tutto questo, il turismo altospendente viene guardato con sospetto, quasi fosse un vezzo per pochi. Ma è esattamente l’opposto: è l’unico modello sostenibile per le nostre città. Chi spende di più pretende (giustamente) standard alti, ha comportamenti rispettosi, cerca qualità. Non calpesta, non urla, non svende.

Roma, Firenze, Venezia, ma anche città come Palermo (Patrimonio dell’Umanità) – che rischia di annegare nella sua stessa moda da “capitale dello street food” – hanno bisogno di turismo selettivo, non inclusivo a tutti i costi. Serve un cambio di paradigma: meno numeri, più valore. Meno comitive che non entrano neppure nei musei, più visitatori che investono in cultura, alta cucina, hotellerie, itinerari esperienziali.
È paradossale che un matrimonio come quello di Jeff Bezos a Venezia susciti più polemiche di una distesa di turisti bivaccanti che mangiano kebab tra le colonne di San Lorenzo. Ma siamo abituati a scandalizzarci del lusso e a tollerare la sciatteria. È ora di invertire la rotta.
Nel 2024, il turismo di fascia alta ha generato in Italia oltre 9 miliardi di euro. I turisti che spendono oltre 20.000 euro in acquisti tax free rappresentano appena il 3% del totale, ma coprono il 30% della spesa complessiva. Non si tratta solo di numeri: si tratta di una

visione di Paese. Secondo l’indagine Demoskopika sull’evoluzione del turismo di lusso, tra il 2008 e il 2024 (escluso il biennio pandemico), il segmento del turismo di lusso ha registrato una crescita media del 9,2% annuo, quasi il doppio rispetto al comparto alberghiero nel suo complesso (+5,2%). Le presenze nelle strutture di fascia alta hanno sfiorato i 12,8 milioni, con oltre 4,5 milioni di arrivi. Le stime per il 2025 prevedono circa 4,6 milioni di arrivi e oltre 12,9 milioni di presenze, confermando un incremento costante. I big spender internazionali – Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera, Francia, Austria, Spagna, Paesi Bassi, Canada, Australia e Giappone – rappresentano oltre il 65% delle presenze negli esercizi alberghieri di lusso e generano un giro d’affari vicino ai 18 miliardi di euro.
Questi visitatori arrivano da Stati Uniti, Cina, Emirati, Nord Europa, e non vengono per una pizza veloce e un selfie con la Fontana di Trevi. Chi sceglie l’Italia per un viaggio d’alta gamma vuole strutture d’eccellenza, esperienze esclusive, cura del dettaglio e autenticità. Ma soprattutto, non cerca il lusso come status symbol: cerca emozioni autentiche, esperienze su misura, bellezza, silenzio, cultura e contatto con il territorio.

Il viaggio, oggi, è come un abito su misura: va pensato e realizzato appositamente per il cliente in modo che possa rispondere esattamente ai suoi gusti e alle sue esigenze. Il turismo d’alta gamma si è evoluto: non è più l’esibizione della ricchezza, ma la ricerca di autenticità, raffinatezza, benessere, sostenibilità e interazione vera con la comunità locale.
Dopo la pandemia, il turismo è esploso, e in particolare sono aumentati i viaggiatori disposti a spendere cifre elevate per vacanze esclusive, pur in un contesto di calo globale della ricchezza netta delle famiglie. Questo ci dice che è cambiato il desiderio: meno beni materiali, più emozioni, meno oggetti, più esperienze.
Una domanda in crescita e una risposta ancora debole
Il potenziale è enorme: le strutture di alta gamma sono solo il 2% delle strutture europee ma generano il 22% del fatturato del turismo del continente. In Italia, meno dell’1% delle strutture è realmente di alta gamma, ma produce il 25% del fatturato. Eppure, il nostro Paese attrae solo il 3% dei turisti alto spendenti non europei.
Manca una strategia. Manca una regia. Serve una visione condivisa, che sappia valorizzare l’ambiente, le produzioni artigianali, gli antichi mestieri, le eccellenze locali, e che sappia trasformare l’Italia in una destinazione sartoriale e non industriale.
Un turismo di contenuto, evoluto e sofisticato, oggi deve:
- offrire itinerari personalizzati e su misura;
- puntare su esperienze di benessere e detox;
- garantire privacy e servizi esclusivi;
- proporre viaggi multigenerazionali;
- privilegiare strutture indipendenti e non brandizzate;
- offrire attività gastronomiche, culturali, naturalistiche e sportive di alto livello;
- valorizzare le produzioni locali e a km 0;
- destagionalizzare l’offerta per evitare l’overtourism;
- combinare business e leisure (bleisure);
- assicurare comfort tecnologico e destinazioni poco conosciute.
Il turismo slow? Sì, ma colto e rispettoso
Esiste anche un altro turismo prezioso: quello lento, riflessivo, legato ai cammini, ai borghi, all’agriturismo autentico. Non è il prezzo a fare la differenza, ma la capacità di ascolto, la curiosità, il rispetto. Il viaggiatore slow arricchisce, crea legami, valorizza.
Il turismo esperienziale richiede un cambio di paradigma: bisogna capovolgere il punto di vista. L’offerta di beni storico-artistici e culturali non basta più. È solo il contesto. Ciò che il viaggiatore cerca è un’emozione trasformativa, un ricordo da portare con sé. E per costruirlo, bisogna ascoltare, progettare su misura, evitare il folklore e offrire autenticità.
L’Italia deve decidere: subire o guidare?

Oggi, il 75% degli investimenti nel turismo di alta gamma in Italia proviene dall’estero. Ma noi siamo ancora fermi all’idea che l’estate sia l’unico tempo del turismo. Nel 2019, il 48% delle richieste erano per la bassa stagione; nel 2023 sono salite al 78%. Paesi come Spagna, Inghilterra e Malta stanno già lavorando per distribuire i flussi. Noi, troppo spesso, rincorriamo i numeri dell’alta stagione senza governarli.
Il turismo di alta gamma potrebbe generare un fatturato 2-4 volte superiore all’attuale, superando i 100 miliardi. Ma per farlo serve visione politica, governance condivisa, conoscenza delle lingue, formazione, investimenti intelligenti.
Bezos a Venezia non è un problema. Il problema è non capire che il turismo low cost sta divorando le città d’arte.
È ora di scegliere: turismo altospendente, sartoriale, colto, o degrado programmato?

Giornalista, autrice e conduttrice tv ha prodotto per quasi un decennio un noto programma televisivo sull’arte e la cultura in Sicilia, Profile Magazine tv.
Scrive per diverse testate ed è stata Direttore Responsabile di CulturaIdentità.
Oggi è Coordinatore Nazionale e responsabile della comunicazione dell’Unione Nazionale Vittime(UNAVI).