Caso Garlasco: il fallimento plateale della giustizia

Società

Non intendo ripetere l’iter del caso Garlasco, già discusso dai media ogni giorno, enfatizzando dettagli, testimonianze dell’ultima ora, intercettazioni mai finite e altro ancora, ma urlare come tanti cittadini l’indignazione per quanto è successo e non doveva succedere. La casta dei Magistrati è sempre pronta ad ergersi ad una dimensione di infallibilità, la polizia giudiziaria agisce con una assoluta imparzialità, così ci sembra, ma nel caso Garlasco gli errori e le omissioni sono ingiustificabili e la risonanza è tale che il comune mortale è annientato.

Scrive Mario Sechi, Direttore di Libero “Il caso Garlasco non è solo un tragico fatto di cronaca, un’opaca vicenda processuale, è anche e soprattutto un caso politico. C’è chi in queste ore accusa i giornalisti di fare troppo rumore sulla vicenda, ma in realtà il frastuono proviene dall’assordante silenzio delle istituzioni, del Parlamento, su una storia sconvolgente non solo sul piano emotivo, perché se quello che succede a Garlasco viene proiettato nella vita di tutti i giorni vuol dire che il nostro sistema giudiziario è nei guai seri e l’idea stessa di giustizia vacilla. Quale fiducia potrà mai avere l’uomo della strada di fronte a un processo che viene smontato pezzo dopo pezzo da un’altra indagine condotta da un magistrato, Fabio Napoleone, di indubbia esperienza.”

E ancora “«La riforma della giustizia è una cosa concreta avrebbe dovuto prendere il caso Garlasco come un esempio da portare agli occhi dei cittadini per rafforzare l’idea di una riforma che serve a tutti. I politici parlano dei massimi sistemi, di una astratta separazione delle carriere, ma dimenticano il punto chiave che è prima di tutto l’indipendenza del pm dalla polizia giudiziaria, perché molti colleghi pensano di dirigere le indagini ma invece ne sono semplicemente diretti, così i pm perdono lucidità e quindi anche autonomia.  La polizia giudiziaria e il pm sono organi distinti che devono lavorare bene insieme, ma nessuno ne parla, sono tutti concentrati sulla magistratura e perdono di vista il lavoro dei nuclei di polizia giudiziaria. Come vengono formati, selezionati, valutati i principali collaboratori di chi guida le indagini. Sono coloro che materialmente dispongono pedinamenti, intercettazioni, controllano le comunicazioni, fanno i primi colloqui con i sospettati in occasioni diverse, addirittura quando ancora l’indagine è solo un’ipotesi. Ebbene, il buco nero di Garlasco è tutto qui, nell’incompetenza (nel migliore dei casi) o nell’innamoramento di una teoria che poi si è rivelata debole nella fase del processo. Qui ci sono profili che interessano l’azione della politica, il lavoro dei parlamentati, il Consiglio superiore della magistratura. Parliamo del rispetto delle norme deontologiche, questioni disciplinari, avanzamenti di carriera. Alla politica tutto questo non interessa?»

Va da sé la considerazione che se Alberto Stasi risultasse innocente, potrebbe sì chiedere tre o quattro milioni, ma chi e che cosa risarcirebbero dieci anni di vita in carcere?

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