Un pacemaker (quasi) invisibile

Scienza e Salute

Ideato dal gruppo di ricercatori della Northwestern University in Usa, Illinois, si tratta del più piccolo pacemaker mai inventato al mondo. Della grandezza di un chicco di riso, è un dispositivo bioelettronico miniaturizzato, per la stimolazione cardiaca  temporanea, pensato soprattutto e preferibilmente per uso pediatrico.

Non necessita di interventi per essere impiantato o essere rimosso.

Totalmente biocompatibile e non invasivo, viene riassorbito dal corpo e si dissolve una volta terminato l’utilizzo, quindi è  biodegradabile, e ha il vantaggio di non aver mai presentato effetti collaterali. L’utilizzo, che è circoscritto solamente ad alcuni giorni di postintervento chirurgico cardiaco e non oltre, viene effettuato soprattutto nel trattamento di difetti congeniti dei neonati.

È talmente piccolo che può passare attraverso la punta di un ago e infatti si inserisce tramite siringa, cosa che permette di evitare le solite procedure di impianto ed espianto in pazienti così delicati come i neonati.

Non essendo presenti batterie e fili può avere una “grandezza” di 1,8 mm di larghezza per 3,5 mm di lunghezza e solo un mm di spessore.

Questo dispositivo si attiva tramite la luce, cioè funziona attraverso uno strumento esterno che si porta addosso, di solito un patch locale indossabile, a raggi infrarossi che lo stimola attraverso degli impulsi.

Nel momento in cui si rileva un’aritmia, emette un fascio luminoso passante attraverso la pelle e lo sterno che attiva il pacemaker e ripristina così la regolarità del battito cardiaco.

Il meccanismo funziona facendo leva sui biofluidi, i quali fanno da elettroliti, cioè sostanze che si scindono, e fungono da conduttori per attivare una cella galvanica grazie alla quale  si uniscono le parti metalliche che formano la batteria.

Questa procedura è pensata per ridurre al minimo il danno da complicanze, evitando quindi i rischi di infezioni e lesioni ai tessuti dei normali interventi di impianto.

Il tempo di utilizzo non è mai superiore alla settimana, tempo utile per permettere ai piccoli pazienti di riprendere la normale funzionalità cardiaca dopo un intervento di correzione.

L’uso non è solo pediatrico perché, in alcuni casi, si è visto che può essere impiantato anche su adulti in quanto comunque adatto anche a cuori di tutte le dimensioni.

Eleonora Prina

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