Milano da rifare: manca una visione e una strategia d’insieme

Milano

Un articolo illuminante, critico e propositivo da una rivista specializzata per una riflessione su questa Milano inconcludente.

La storia delle città è sempre stata costruita sulla necessità di definire intorno al luogo fisico un’aura potente, spesso superiore alla realtà che la costituiva, che faceva crescere simbolicamente e politicamente il peso che il suo nome acquisiva nell’immaginario collettivo….

E ora

Si tratta di un meta-racconto che passa sopra le teste dei suoi abitanti, ma anche che plasma il loro sguardo e il senso di appartenenza al luogo in cui abitano e che trasformano quotidianamente.

Su questa relazione ambigua e complessa, anzi su questo cortocircuito di senso, Lucia Tozzi costruisce il suo ultimo lavoro L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane (Cronopio, 2023, 208 p.), un pamphlet molto puntuto che avvia una riflessione fortemente critica sulla capitale economica e finanziaria del nostro Paese. …”

Da evidenziare

“La tesi argomentata dalla Tozzi è che la strategia di comunicazione, costruita in maniera diffusa, pervasiva e sofisticata dall’amministrazione pubblica, in concerto con il capitale immobiliare-finanziario, le istituzioni culturali e della comunicazione con ampie fasce di professionisti e intellettuali, sia, in realtà, uno strumento che ha abbattuto ogni forma di pensiero critico e antagonista, rivalutato potentemente il valore immobiliare di ampie aree cittadine interessate da una narrazione pervasiva, oltre ad avere silenziosamente espulso fasce sempre più vaste di popolazione fragile, in nome di residenti nuovi, con un maggiore potere di acquisto e una relazione meno forte e sincera con il contesto in cui abitano.”

Una tesi ampiamente condivisibile

“Una città fluida, sorridente e amorfa criticamente, che ha perso la sua capacità di essere un luogo in cui le contraddizioni possano abitare e generare un’identità meno globalizzata, ma più indipendente e originale.”

Dopo il Covid, il modello Milano che tutto inghiottiva con voracità,  ora…

”Il re è nudo, potremmo dire, ma il punto è che una metropoli è abitata da milioni di persone che hanno diritti e desideri che una città come Milano sembrava aver in parte esaudito nel 900’: città che ha costruito un grande patrimonio di residenza pubblica e sociale; città che è stata capitale della sperimentazione in architettura, design, grafica oltre che nella produzione industriale innovativa; città che offriva una scala sociale fluida e possibile per chi arrivava; città frenetica ma insieme severa nei suoi costumi sociali; città con un’imprenditoria evoluta e colta; città dei giornali, delle università, delle istituzioni culturali che, insieme, hanno costruito quell’immaginario che l’ha trasformata nella vera capitale del ‘900 italiano.

La fine della crescita industriale alla fine degli anni ‘80, documentata dalle immagini di Gabriele Basilico che testimoniavano la fine di un’era, e l’assalto immobiliare alla cintura periferica della defunta fascia produttiva di Milano, hanno stabilito la prima tappa della metamorfosi.

Il passaggio definitivo a un’economia immateriale, con un cambio progressivo di popolazione, ha avviato economicamente la seconda tappa della trasformazione che ha trovato nell’Expo e nelle narrazioni da Salone del Mobile, la base per l’affermazione di un immaginario differente, al punto che Milano, dopo il 2016, è diventata una delle mete di un turismo che lascia interdetti i suoi stessi abitanti.

A questa si è unita una metamorfosi strutturale nel tipo di committenza sul capitale immobiliare, passando da un’imprenditoria locale e consapevole all’arrivo dei grandi capitali e dei fondi d’investimento, strutturalmente disinteressati al risultato finale e alla qualità dei manufatti, ma piuttosto alla resa finanziaria dell’investimento fatto. È cambiata la scala delle narrazioni e il loro peso economico, in una forma che ha progressivamente smaterializzato il racconto a dispetto dei luoghi e dei suoi abitanti. Su questo punto la Tozzi insiste molto, anche giustamente, portando esempi e indicando fatti avvenuti, a raccontare una città che ha progressivamente venduto la sua anima civile in nome di obiettivi comuni che portano sempre di più gli interessi privati a indirizzare le scelte pubbliche, oltre che espellere fasce sempre più deboli della popolazione verso l’esterno, incapaci di reggere l’idea di una città competitiva e performativa, in cui ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte e a contribuire al benessere diffuso della città…”

Le ombre

“Milano seconda città al mondo per inquinamento: ogni mattina ci svegliamo con la macchia rossa dell’aria irrespirabile che immerge tutta la Pianura Padana. Milano il cui costo di case in vendita e affitto, oltre che il costo della vita, sta spingendo molte famiglie a basso reddito, studenti, giovani neo-laureati e lavoratori ad andarsene o a cercare abitazione in aree sempre più distanti. Milano in cui è concentrato quasi l’ottanta per cento degli investimenti immobiliari del Paese e che ha moltiplicato esponenzialmente il costo al metro quadro delle sue abitazioni (tra il 2012 e il 2022 il valore delle case è aumentato del 37%, caso eccezionale in Italia e in Europa). Milano che sta cambiando nella struttura sociale, attirando anche molti giovani (unica città in Italia) ma che impone soglie economiche e ambientali sempre più insostenibili. Milano in cui tutte le sue istituzioni educative e culturali sembrano non voler più esprimere punti di vista critici e alternativi, rafforzando una narrazione a senso unico che non aiuta la città a interrogarsi e a evolversi.

La città fatta di slogan e di week sta vivendo la sua definitiva fase calante, ma le sfide reali che deve affrontare urgentemente, dovrebbero spingere alla costruzione di strumenti e azioni che vadano oltre il sistema di relazioni politiche, economiche e istituzionali che vivono in maniera autoreferenziale e che non sembrano capaci di costruire alternative visionarie e radicali, per affrontare un tempo che pone interrogativi urgenti in termini di diseguaglianza sociale, economica, culturale e ambientale….La Milano di oggi deve affrontare le sfide di un invecchiamento progressivo e inesorabile della popolazione, di poca cura sulla residenza convenzionata o per fasce giovani e fragili della popolazione, di contenimento dei costi imposti dal mercato immobiliare privato, di una condizione ambientale insostenibile in cui il traffico veicolare privato è ancora troppo diffuso, di un radicale ripensamento degli spazi pubblici, di accoglienza di fasce di nuovi residenti che devono essere integrati, non solo come forza lavoro ma come cittadini… La città di oggi sta abbattendo le rigide separazioni funzionali e di zonizzazione su cui è stata costruita nel ‘900 e le sue tante comunità stanno cambiandola dal basso, spesso in contrasto con l’immaginario monocratico di Milano….Il Comune di Milano sta presentando in questi anni una serie di progetti pubblici importanti e ambiziosi, che vivono parallelamente alle tante iniziative immobiliari private che stanno interessando parti significative della città, ma quello che sembra mancare è la lettura di una visione d’insieme e di una strategia pubblica riconoscibile nella sua ampiezza.

Non basta registrare i cambiamenti ma bisogna governarli con il coraggio di una visione politica e culturale della città. Milano deve tornare ad essere quel laboratorio anomalo di modernità che è stata per lunghi tratti del secolo passato, senza nostalgie, ma con una sprezzatura discreta che l’ha sempre caratterizzata.

Una città è un corpo vivo, che deve fare convivere forti e deboli, diversità e comunità, artificiale e naturale e solo così questa città non morirà di chiacchiere e di asfissia, perché avrà la forza di fare crescere e accogliere anche i suoi anticorpi….”

Luca Molinari (doppiozero.com)

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