E vai…gli sbarchi sono incontrollabili, la Sicilia è al collasso e sbarcano positivi al Covid, illusi di trovare lavoro o andare in altre nazioni, dove nessuno li vuole. Poi fuggono dai centri di accoglienza, girano anche infettati con noncuranza, vivono in condizioni spesso da bestie all’ammasso per cause di forza maggiore, se ne fregano degli italiani considerati un mezzo per fare i loro comodi e spesso allearsi con la criminalità.
Nessuno controlla gli arrivi a Milano, ma sono numerosi e si mimetizzano nei luoghi spesso abusivi creati ad hoc dagli amici a loro tempo immigrati. La città aperta, quella voluta da Sala, non chiede un green-pass, non chiede neppure da dove vengano e che cosa intendano fare. E oggi Sala ha creato, come ricaduta delle regole ferree vigenti, una città chiusa e quindi non possono andare al ristorante, in una piscina, in una palestra, in un museo. Tutto vietato per chi non possiede il green pass. Ma a loro non importa, continuano a girovagare anche se positivi, continuano la loro professione di pusher, continuano a bivaccare sui bei tavoli da pingpong nelle piazze tattiche. E a scolare alcolici comprati o rubati nei mini-market. Una città chiusa ma libera di trasgredire con un ghigno di sberleffo. Il green pass, ma che invenzione è? Chi li controlla?

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano