Quel Rasputin di Limonov

Esteri RomaPost

Non sapremo mai se Eduard Limonov sia morto o meno di coronavirus. Il politico e scrittore teneva un diario on line, su un vecchissimo social, LiveJournal, dove fino all’ultimo ha preferito parlare di progetti futuri, come della futura pubblicazione del Viaggio del Vecchio, annunciato il 14 marzo. All’ultimo però ha chiesto soccorso agli amici, quelli che gli avevano trovato le diverse cliniche di ricovero. A metà marzo non c’era ancora alcuna quarantena in Russia ed il regime minimizzava ogni possibile epidemia. Malato da tempo di cancro alla gola, era già stato ospedalizzato per poi tornare nel suo appartamento nella zona di Syry, l’ezona industriale nel centro di Mosca, sorta alle spalle della stazione Kurskaja, affacciata sul Sadovoe Kalsò (uno dei più antichi raccordi anulari della città). Tornato nel 2003 dalla galera di Engels, nella Russia meridionale, nei pressi di Saratov, aveva sempre vissuto in ex comunalki, appartamenti un tempo collettivi, condivisi con giovani compagne fidanzate che potevano essergli nipoti, in genere membri del suo partito.

Le girls del suo partito, Nazional-Bolscevico, formazione nazista e stalinista creata nel ‘94, l’avevano reso famosa, grazie a Ragazze del partito (Девушки Партии), opera del 2005 del suo amico avvocato Sergei Belyak, un fotolibro molto timorato per gli standard russi dove le partigiane, molto coperte, fulminavano dagli occhi il lettore; non certo Pussy Riot o Fifi, giovanissima fidanzata dello scrittore, esibitagli accanto nel 2012, nuda di spalle, sulla retrocopertina di Rolling Stone Russia, in occasione del 100° numero. Il fotolibro fece scandalo ugualmente a danno dei nazibol, illegali in Russia dal 2003 per l’accusa di minacciato colpo di stato. L’avvocato cercò inutilmente di permettere ad Eduard di sfidare Putin nella corsa per la presidenza ma non ci fu mai nulla da fare. Beliak, questo metà Taormina, metà Casaleggio russo, scrisse anche Avvocato del diavolo, in riferimento sia a Limonov che all’altro suo cliente, politico famoso, Girinoskji, leader liberaldemocratico, una sorta di Bossi prima maniera, divenuto celebre per lo slogan Un uomo per ogni donna.

Negli ultimi giorni se non mesi, Limonov era stato scippato a Beliak da Sergei Shargunov, giovane scrittore, già deputato e conduttore Tv. Shargunov ha raccontato la fine di Limonov che spiccava nell’immaginario russo per il volto simile a Trotskji, la voce acuta alla Lenin ed il soprannome alla Molotov (Lemonka, bomba a mano) come uno sceneggiato. Ha tralasciato le vicende e cause di morte, l’emorragia improvvisa del 15 marzo, le due operazioni chirurgiche, l’affanno respiratorio, le finali complicazioni per grossa infiammazione. Ha invece subito fatto dell’infausto evento uno suo show. La morte del politico e romanziere di Gerzhinsk e Karkhov è divenuta un gran gossip intellettuale sulle onde delle chiacchiere al telefono dal letto d’ospedale tra grand malade e conduttore. Shargunov ha dato la notizia del trapasso del martedì 17 marzo alla stampa e poi redatto una dettagliata cronaca dei funerali attorno al tumulo che riportava il nome vero del deceduto, Eduard Veniaminovich Savenko, al cimitero moscovita di Troekurov. Infine ne ha fatto l’elogio televisivo, durante il suo programma di Mezzanotte Libro aperto sul canale Kultura TV, con toni da Marco Aurelio sulle spoglie di Cesare. Il programma titolava Soldat giv, come dire, all’italiana, Vive e lotta assieme a noi, riallacciandosi all’ ultima intervista live concessa da Limonov sempre all’adorante Sergei che con piena piaggeria gli chiedeva del progetto editoriale  I miei pittori.

E’ piaciuta al grande pubblico russo la tanta retorica espressa a piene mani, da la mente lucida e abbagliante del 77enne dall’ospedale all’inchino alla bara, Grazie Edward, all’enfasi sulle Molte più persone di quanto ci si sarebbe attesi accorse all’ultimo saluto, al finale cordoglio drammatico, Non c’è mai stato e mai ci sarà uno come lui, uno dei più brillanti scrittori, poeti e politici russi. Sarebbe piaciuta anche a Limonov che in fondo ha sempre cercato di apparire in un cerchio di fuoco in mezzo ai fuochi d‘artificio,  sia da ladruncolo che da dissidente ed antidissidente, teddyboy alla Warhol, pornonazipunk, sciamano, filo terrorista, criminale di guerra, combattente nel golpe moscovita, in Croazia e Bosnia, Altai e Ucraina. Shargunov, collega di Limonov nella rivista Yunost, confuso politicamente come lui (già liberale di Yabloko e difensore delle Pussy Riot poi nazionalista antiKiev – i russi sono ostaggi in Ucraina) ha seguito il sui eroe nella grande propensione che malignamente gli viene riconosciuta, più che per il giornalismo o la letteratura, per le pubbliche relazioni 24 ore su 24. L’omaggio televisivo ha messo fuorigioco l’ufficio stampa del partito che pretendeva funerali strettamente privati.

Il 20 marzo in un contesto squallido di parcheggio d‘asfalto periferico l’assembramento di 300 vecchi e giovani, fan e giornalisti, assiepati tra bandiere con falci e martello e bracciali alla nazista, faceva sparire i membri di famiglia, presenti (l’ex moglie, Yekaterina Volkova chiamata dallo scrittore l’Attrice ed il figlio 14enne Bogdan) o meno (l’ex moglie Elena Shchapova divenuta contessa De Carli, la poetessa Natalya Medvedeva scomparsa nel 2003). Malgrado le tante bandiere con falce e martello, faceva sparire anche la politica.Ai funerali non c’erano gli ex amici, Dugin cofondatore dei nazibol, da tempo avviato alla grandezza eurasiana, non c’erano i liberali alla Kasparov della fallita alleanza Altra Russia. Meglio così, da tempo nell’opinione pubblica e nelle canzoni era comune ridere dei pizdabol (riferimento osceno al sesso femminile).

Sparita la politica, il monumento a Limonov è divenuto letterario. Quanti però hanno letto in Russia e all’estero Io, Edichka o Il poeta russo preferisce i grandi negri,’79; Il diario del perdente,’82; La storia del suo servo ’82; Il boia ’82; Teenage Savenko o Eddy-Baby ti amo,’83; La morte degli eroi moderni ‘85, Giovane mascalzone ’86; Abbiamo avuto una grande epoca ’90; Libro dell’acqua ’04, Il trionfo della metafisica: memorie di uno scrittore in prigione ’05;  Zona industriale,’07; La morte degli eroi contemporanei ’08; Le eresie: il saggio della filosofia naturale ’08; Sotto il cielo di Parigi ’17? Limonov ha pubblicato 62 libri ma ne appaiono in genere 6 o 7 di cui parecchi già visibili gratuitamente online. Anche la letteratura allora forse langue.

Il problema è che il suo libro migliore resta in assoluto scitto da altri, la biografia del figlio della più grande sovietologa francese, il Limonov di Carrère. La fama dell’uomo che insultò Broskji, Solženicyn (e ne fu ricambiato), Sacharov, Gorbacev, Ciubais, Sobciak, Navalny e Putin, grandi russi e russo bianchi, di destra e di sinistra (termini che in Russia non corrispondono al significato che gli si dà all’Ovest) poggia sul mito costruitone in Europa, incluso quello di nuovo Rasputin; e che di rimbalzo si è sposata con la nostalgia slava della potenza sovietica. Non perché piacesse ma solo perché dispiaceva all’Occidente. 

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