Cari ragazzi, cari adolescenti, cari giovani,
stiamo combattendo una battaglia contro un mostro invisibile che davvero sta mettendo a dura prova e, non vi nascondiamo, ci sta spaventando tutti.
Ogni mattina ci svegliamo e lo scenario è sempre peggio, sempre più apocalittico. Ci svegliano le ambulanze che sfrecciano a sirene spiegate sotto le nostre finestre e i pensieri vanno inevitabilmente alle persone intubate in ospedale, ai loro cari, al personale sanitario che sta disperatamente cercando di arginare questo tsunami in corsia…vite messe in pausa, lasciate in sospeso, appese a un virulento filo rosso che sta legando tutti inesorabilmente.
Come educatori e operatori sociali ci è chiesto ogni giorno di agire con estrema responsabilità verso gli altri, i più deboli, i più fragili che quotidianamente incontriamo e accogliamo, prendendoci cura dei loro progetti, delle loro fatiche, delle loro necessità primarie…
Oggi come non mai però siamo davvero in ginocchio.
I pensieri, le fatiche, la disperazione non vanno in quarantena anzi, ne vengono esponenzialmente aumentate e chi già presenta delle forti fragilità personologiche è fortemente a rischio.
Ci troviamo ad affrontare le paure e i pensieri di chi, già in situazioni di vita precarie e faticose, si trova catapultato in una realtà che fatica a capire. Alle nostre strutture afferiscono persone che non hanno nemmeno una casa in cui poter restare come tutta la nazione invita a fare e hanno necessità di accedere al nostro centro per poter mangiare, lavarsi e, soprattutto, incontrare qualcuno.
Ci sono poi gli adolescenti che devono affrontare una quarantena lontani dai loro affetti, dalle loro abitudini, da quei piccoli oggetti quotidiani che rendono più semplice trascorrere infinite ore rinchiusi tra quattro mura.
Ogni giorno ci troviamo ad affrontare giovani preoccupati per le loro famiglie che non possono vedere, a volte arrivano notizie di parenti malati, di figli lontani ingestibili, di genitori che, in questo periodo come non mai, faticano a reggere il distacco e mandano in tilt i pensieri di chi sta cercando di portare avanti un percorso di riabilitazione.
Le mamme con i bambini devono improvvisamente costruire una routine diversa, creando situazioni serene per i propri figli e mettendo da parte le preoccupazioni per dei progetti di vita rimasti sospesi per l’ennesima volta in un limbo di cui non si conoscono confini.
Molti operatori sono impegnati in frontiera, rischiando anche una denuncia quando si addentrano nei posti dimenticati da tutti, dove nessuno in quel boschetto vuole andare, per raggiungere anche chi sfugge agli sguardi.
La già precaria quotidianità cambia di ora in ora, dettata da decreti e disposizioni regionali e ministeriali che riguardano tutti ma spesso faticano a contemplare realmente i più deboli, i dimenticati dal mondo come dalle leggi, anche quelle straordinarie. Tutto si traduce in un unico principio: i cambiamenti devono essere attuati immediatamente. Come? Non è importante, basta che sia fatto.
Abbiamo dovuto aggiornarci in continuazione, mettere in pratica tempestivamente i nuovi protocolli, soprattutto abbiamo dovuto formarci e formare gli altri su come sopravvivere e come difenderci da questo nemico sconosciuto, inatteso e invisibile.
Nessuno avrebbe voluto vivere così, né i ragazzi che incontriamo ogni giorno, né i loro familiari, né i tanti operatori che non hanno mai abbassato la guardia anzi, davanti a tutto ciò non hanno smesso il proprio servizio pur di continuare ad essere speranza e futuro, pur di aiutarvi a ricostruire un progetto di vita.
Anche loro hanno paura, ma rischiano tutti i giorni non solo la propria salute, anche quella dei loro cari familiari che lasciano a casa ogni giorno. Cercano di fare il loro meglio in questa tempesta fragorosa, ma vogliono così bene ai ragazzi che, come i medici e il personale sanitario, scendono in campo con la stessa scelta etica di fondo, la stessa necessaria responsabilità verso una professione che si è scelta fino in fondo ‘in salute e in malattia’.
Tutti noi dobbiamo cercare di modificare il nostro stile di vita, i nostri usi e soprattutto le nostre relazioni, ma all’interno dei nostri servizi ci sono, e purtroppo ci saranno, rivoluzioni continue, importanti, che lasceranno grandi cicatrici.
Ciò che pensavamo di realizzare, i nostri piccoli progetti, le attività, le iniziative per cui abbiamo lavorato in questi mesi si devono fermare, tanti colleghi sono costretti a casa dalla sospensione di lavori sicuri fino a poche settimane fa e quanto tutto questo inciderà sulle nostre vite future lo scopriremo solo tra tanto tempo.
Con don Enzo, fondatore della Casa del Giovane, ho combattuto battaglie giorno e notte su ogni campo, ma questa è veramente dura!
Con gli operatori continueremo, giorno e notte e non molleremo il nostro servizio di frontiera.
Le comunità e i centri di recupero non chiudono! Non possiamo fermarci, il nemico è invisibile, ma il bene vincerà sul male. #stateconnoi
Simone Feder
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