Controversa prassi vorrebbe che chi riesca, in modi rocamboleschi e costosi, a raggiungere la costa libica e lanciarsi in mare in qualunque modo, abbia diritto a sbarcare ed immigrare in occidente. Il salvataggio in mare è ovviamente una foglia di fico perché non si vedono naufraghi alle coste dello Yemen, dell’Arabia Saudita, dell’India, delle Filippine, dell’Indonesia, del Magadascar. Eppure i naufraghi che aspettano i soccorsi non sono solo di tutte le genie africane provenienti anche da migliaia di km dell’entroterra, ma addirittura sono asiatici del mediooriente e dell’emisfero indù, anch’essi partiti fra i tremila ed i diecimila km dalla destinazione.
L’Occidente è un concetto lato, da tempo poco geografico e molto economico. Sono Occidente bei pezzi d’Asia, incatenati fino a congiungersi all’emisfero australiano. L’anno scorso la marcia dei miserabili d’autunno tra Honduras e Messico prese l’attenzione del mondo nell’ambito immigratorio. Il Messico, punt e mes d’Occidente si è preso il carico di porto sicuro, dove la marcia e tutte quelle seguenti si arenano. Gli immigrati hanno le idee chiare però. Il Messico è una caricatura d’Occidente. Lo sono anche l’Europa orientale, i Balcani, la Grecia. Il flusso alla fine è orientato verso meno che un pugno di paesi, tra cui l’Italia è il primo e più comodo, dato che Africa e medio oriente sono stati proclamati luoghi insani, insicuri, pericolosi. Si storce la bocca davanti a Tunisi, Casablanca, Marakkesh, Aleppo, non solo Tripoli. Il viaggio della speranza dall’Italia dovrebbe procedere fino a Uk, Germania, Francia e Scandinavia.
L’Europa non ha un paese cuscinetto come il Messico. Non può trattare Africa e dintorni come gli yankee fanno con il resto degli americani bi continentali; malgrado l’Africa, a parte poche eccezioni, sia ben lungi dal livello dell’America Latina. L’Europa ha tutte queste limitazioni, per disunione, per sottomissione morale alle potenze e molto per propria disciplina masochistica auto mortificante. Certo il flusso continuo ed ininterrotto dice platealmente quanto sia desiderato l’Occidente e quanto faccia schifo l’Africa. Una dichiarazione in questi termini richiesta a chi arriva clandestinamente verrebbe però considerata tortura morale. Il giudizio negativo sull’Africa verrebbe fatto risalire ai danni dell’invasione di qualche secolo fa. Eppure le indipendenze del secolo scorso non hanno cambiato i tratti di un sottosviluppo antico, antichissimo.
In mancanza di politiche attive l’Italia potrebbe tagliare la testa al toro e lasciare Lampedusa indipendente, lavandosi le mani dal problema, come fece l’Uk con Malta. Lampedusa indipendente difenderebbe il suo ecosistema degno di non estinguersi come le tartarughe marine, i leoni e gli squali. Oppure l’Italia potrebbe tagliare la testa al toro e portare sicurezza dove non c’è, in quella Libia ormai descritta come inferno in terra dove metà degli abitanti tortura l’altra metà. L’Italia, con l’Occidente, è andata ad occupare mezzo mondo per l’onore degli altri, la sicurezza degli altri e l’espansione degli altri. Il marasma libico è stato il risultato di una di queste azioni, nella disattenzione americana e contrarietà italiana, a parte Napolitano.
A questo punto, l’invasione italiana della Libia come nel 1911 sarebbe del tutto giustificata. Una volta tanto la sicurezza e la vita pacifica di un paese ipertormentato sarebbe veramente il motivo della spedizione. Certo la Francia si opporrebbe forse anche militarmente e sarebbe l’occasione per chiedersi quale Unione sia quella che vede i suoi membri contrapporsi economicamente e militarmente. Si opporrebbero anche i potenziali emigranti che volendo solo arrivare in tre quattro paesi occidentali se ne fregano della Libia pacifica o dell’Africa migliore. Con la scusa degli ultimi bagliori di Isis, di fronte ad una Nato passivamente indifferente, l’Italia potrebbe chiedere aiuto alla Russia. Come la Siria, anche la Libia sarebbe pacificata e sicura in pochi mesi e come per la Siria la scusante della lotta al terrorismo ed della tortura giustificherebbe la variante di alleanza limitata al progetto. Come protettorato italiano, europeo o dell’Onu, la Libia tornerebbe a fare da paese cuscinetto.
E l’Europa vedrebbe che c’è una via per una nuova espansione, un grande sviluppo ed una nuova epoca.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.