L’arte ha mille sfaccettature, mille declinazioni, riguarda mille tipi di materiali.
A volte basta guardarsi intorno e vedere quello che ci circonda con occhi nuovi per creare oggetti che trasmettono emozioni.
È quello che ha fatto il milanese Roberto Vallini, scultore da circa 25 anni con le sue opere.
Una vita spesa in altri campi, dalla giovinezza come operaio, poi lo studio fino all’Università Statale, dove già si distingue come rappresentante degli Studenti nel Consiglio di Amministrazione dell’ateneo. Poi dal 75, Consigliere Regionale di Regione Lombardia, giornalista, direttore della comunicazione dell’Aem Milano, azienda energetica, e delle aziende del Comune di Milano.
Direttore delle testate giornalistiche di Odeon tv, Antennatre Lombardia e Telereporter e portavoce del Presidente di Regione Lombardia.
Dal 2006 al 2013 Consigliere e membro del Comitato Esecutivo della Fondazione Fiera.
Ha scritto molti saggi sulla comunicazione pubblica e sulla storia dell’Istituzione Regione Lombardia, editi da Ilsole24ore.
Come artista debutta attorno agli anni 2000 e sceglie qualcosa di conosciuto da ragazzo, quando il padre, nei primi anni 70, nella casa dei nonni, aveva cominciato a lavorare le radici.
Usando tecniche diverse, per via dell’evoluzione delle lavorazioni, il padre con martello e scalpello, lui con strumenti elettromeccanici come la pulitrice elettrica, ridà vita a radici di alberi estratte dal terreno.
Le radici sono molto versatili e possono essere molto scenografiche. Possono creare forme diverse con le proprie ramificazioni.
Le radici grezze (in dialetto sciuca) arrivano dai boschi della Val d’Ossola, terra di origine dei nonni paterni.
Ma non usa solo radici di bosco, ci sono anche le radici trasportate dal mare e raccolte sulla spiaggia, pezzi di tronchi che sono al centro della sua opera.
Radici che sono già state levigate dal mare, come i sassolini di vetro che troviamo tra la sabbia.
Queste radici, che possono essere anche tralci di rami o strutture di cespugli secchi, vengono colorati e poi adagiati sopra a tele monocromatiche, diventando altro da quello che erano.
Un tipo di arte insolita ma suggestiva, che ci riporta al sapere della manualità, oggi quasi persa e che ci restituisce una maniera di vedere il mondo da un’altra prospettiva.
Eleonora Prina
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