Sta spopolando il caso del nuovo attrito tra Quirinale e Palazzo Chigi, a causa delle dichiarazioni di tale Garofani consigliere del Colle e braccio destro del Presidente Mattarella. La vicenda è ormai nota e, come sempre accade, alimenta continuativamente i social e i dibattiti sui maggiori media nazionali.
Riassumendo in breve, la notizia (o indiscrezione) viene riportata in prima pagina da un articolo di Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano La Verità, e cita testualmente una dichiarazione del suddetto consigliere secondo il quale, sebbene in contesto conviviale, sarebbe opportuno impedire la ricandidatura di Giorgia Meloni al secondo mandato a Palazzo Chigi, anche mediante un “provvidenziale scossone”. Inevitabile l’immediata eco sulle cronache dei quotidiani del paese, con l’altrettanto inevitabile guerriglia dialettica tra schieramenti di destra e sinistra.
Il capogruppo di FdI Bignami chiede esplicitamente in una nota ufficiale al consigliere Garofani di smentire, se lo ritiene, le sue dichiarazioni pronunciate peraltro davanti a una platea di politici, giornalisti e altre personalità, adducendo come inopportune e sconvenienti le sue parole in virtù del ruolo pubblico che ricopre e della elevata importanza riguardante, tra le istituzioni, la più alta carica dello Stato. Ma il consigliere si limita ad una giustificazione abbastanza scontata, definendo la faccenda una banale “conversazione da bar”, in pratica un sottinteso per evitare la conferma esplicita, che viene comunque recepita come tale. La sinistra insorge a difesa quasi unanime del consigliere, trasferendo gli addebiti posti dal centrodestra alla insinuazione di una diretta responsabilità di Mattarella, che avrebbe poi fornito non la smentita di una sua eventuale compiacenza sulle dichiarazioni in oggetto, ma solidarietà e rassicurazioni al suo consigliere al quale, dalla sponda opposta, venivano chieste o suggerite le dimissioni.
L’epilogo ufficiale è noto: la premier Meloni si reca al Quirinale, chiedendo udienza al Presidente Mattarella, e in breve ne scaturisce un prevedibile annuncio di risoluzione e chiusura dell’incidente, confermando la sintonia tra le due massime istituzioni. Chiaramente i media intercettano la comunicazione dichiarandola poco attendibile benchè ufficiale, prospettando un proseguimento dei dibattiti ma anche possibili future ripercussioni sui rapporti tra Capo dello Stato e Premier, in verità mai parse idilliache.
A fronte di inciampi del genere in ambito pubblico (perchè tale viene definito anche da parte di alcuni esponenti della sinistra), mi fa specie la caparbietà di una quota dell’opposizione nell’insistere a voler minimizzare il fatto, e soprattutto la stigmatizzazione verso la stampa, nello specifico della divulgazione dello “scoop” da parte del quotidiano di M.Belpietro, colpevole di strumentalizzare una frase sfuggita “tra quattro amici al bar” trasformandola in complotto.
Ora l’unico commento che mi sovviene, è che un personaggio titolare di una carica di tale levatura è stato quantomeno avventato nello svelare in pubblico quelli che sono oggettivamente i suoi orientamenti ideologici, e anche se può averlo fatto in contesto amichevole e confidenziale, ha commesso quello che una signora come Chiara Ferragni avrebbe definito “errore di comunicazione”. Peccato che qui non ci sia in ballo un banale Pandoro e successive conseguenze professionali piuttosto serie per la protagonista, ma rapporti diplomatici tra le massime istituzioni di uno Stato, e la turbativa verso una stabilità già di suo difficile da gestire non solo per G.Meloni, ma per chiunque al suo posto. Per questo, tanto per rendere l’idea delle forze che possono scatenare una frase, lanciata sbadatamente come una preda nel recinto delle belve, dagli ambienti ufficiali alla stampa e ai social media, ipotizziamo di trasferire il tema (e qualcuno mi ha già rubato il paragone su una rete nazionale) in un ambiente calcistico sempre al massimo livello:
io nella mia dimensione normale sono un comune cittadino, chiacchiero con amici in un locale pubblico, frequentato da sportivi, comuni cittadini ma anche professionisti del settore, e opinionisti/giornalisti tv. Posso discutere, anche animatamente, inveire contro tizio o caio della squadra rivale, e nessuno si sognerà di registrare le mie invettive da signor nessuno. Ma se invece sono un arbitro di calcio, un volto noto agli addetti, designato per dirigere una partita di alto richiamo (quello che solitamente si definisce “big match”), e inavvertitamente, anche sghignazzando, mi sfugge una battuta tipo “domani sarebbe meglio che la squadra X, nel derby, non vincesse rimanendo sola al comando della classifica. Ci vorrebbe un opportuno scossone per impedirlo…”, le cose cambiano radicalmente.
Purtroppo per me, dai tavoli vicini qualcuno mi riconosce come l’arbitro della grande sfida, peccato sia un noto giornalista e ha registrato un vocale sul suo smartphone, che altri condividono magari anche con un video sui social network, diffondendo a livello nazionale quella che in un batter d’occhio diventa una “bomba” nell’ambiente calcistico e non solo. Apriti cielo, adesso a chi lo spiego che io, arbitro del derby più famoso d’Italia, stavo solo facendo qualche battuta tra amici? Il minimo che mi possa capitare è una sospensione di qualche anno dalle mie funzioni arbitrali, o la retrocessione ad arbitrare sui campi della serie C…
Invece pare che, almeno al momento, il consigliere incauto goda della immutata stima non solo del Presidente della Repubblica, ma anche di una scontata maggioranza di seguaci della sua parte politica, e fin qui nulla di strano, il pentolone smetterà di bollire e tutto si ricomporrà fino al prossimo fuoco. Attenzione, però: mi si drizzano le orecchie e mi si accappona la pelle al pensiero che queste diatribe possano essere, non solo in un futuro prossimo ma anche nel presente, architetture diaboliche organizzate con il lato più perfido e incolpevole della tecnologia attuale, manipolata per fini malefici, la I.A.
E se lo fosse, la china diventa sempre più ripida verso un collasso generale degli equilibri sociali, economici, politici e culturali di un paese che già viaggia su una corda di violino.
