Elezioni Marche: Elly Schlein non ci ha capito niente

Attualità

L’errore della segretaria del Pd in campagna elettorale, il ritardo del centrodestra in Puglia e Campania, il dilemma del candidato in Lombardia. Rassegna ragionata dal web

Sull’Ansa si scrive: «”Ho appena chiamato Acquaroli per congratularmi e fargli l’in bocca al lupo”. Lo ha detto il candidato del centrosinistra nelle Marche Matteo Ricci in conferenza stampa sul voto».

Evitando un voto in un’unica data per le regionali del 2025 (dopo Marche e Valle d’Aosta si voterà in Veneto, Campania, Puglia e Calabria) Fratelli d’Italia, il partito di centrodestra che ha oggi – nel suo schieramento – il maggior seguito dell’opinione pubblica, ha evitato un voto troppo politicizzato e pagato un prezzo “locale” particolarmente evidente nel voto della Valle d’Aosta. Nelle Marche invece quella sbandata di Elly Schlein, politicizzando al massimo la campagna elettorale (con anche particolari tirate antisraeliane che poco c’entrano con l’amministrazione di una regione) ha favorito il presidente uscente, messo nelle condizioni di raccogliere anche il consenso abbastanza solidamente maggioritario che in questo momento ha Giorgia Meloni in ItaliaSperiamo che la parte razionale del Pd faccia pagare alla Schlein la sua linea politica dissennata.

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Su Scenari economici Vincenzo Caccioppoli scrive: «Per cercare di capire come mai una regione, storicamente certamente più vicina al centrodestra che alla sinistra, come la Puglia, sia governata dalla sinistra da ormai un ventennio, va analizzata una dinamica, facendo un rapido excursus di questi ultimi vent’anni di politica pugliese. A cominciare dall’estate del 2005, quando l’allora giovanissimo presidente della Regione, Raffaele Fitto, fu sconfitto di strettissima misura (poco più di 15.000 voti di scarto) da Nichi (diminutivo datogli dal padre, sembra in onore del leader sovietico Nikita KrusciovVendola, allora deputato di rifondazione comunista. Una svolta verso la sinistra che sorprese molti all’epoca e che poggia però le sue radici in una sostanziale divisione che crebbe tra le diverse anime del centrodestra».

Per capire le basi partitiche fragili di una leadership meloniana, che personalmente invece è abbastanza solida, è bene ragionare sui pasticci che il centrodestra è riuscito a combinare in Puglia e in Campania arrivando alla vigilia del voto senza aver scelto candidati, che così saranno destinati alla sconfitta in regioni dove l’area moderata-conservatrice aveva avuto in diverse fasi un ruolo di guida. Il problema di fondo sono i partiti del centrodestra che hanno radici (anche la Lega soprattutto al Sud) in stagioni che sono finite (così non solo l’antica discendenza dal Msi ma anche il berlusconismo che caratterizzava Forza Italia). I moderati/conservatori dovrebbero sopperire a questo loro problema “strutturale” organizzando associazioni e movimenti culturali che intercettino i mondi vitali della società civile. Risolvere tutti i problemi politici con la scelta di leader che poi cercano d’intercettare l’opinione pubblica è una soluzione provvisoria di fronte a una sinistra che spesso è dissennata e non di rado minoritaria, ma ha un rapporto con la società (anche grazie ad aree dell’establishment e dei loro media) abbastanza consistente.

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Su Venezia today si scrive: «È ciò che, tra le righe, si legge nelle dichiarazioni espresse oggi dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, a margine dell’inaugurazione della mostra “Identitalia” al museo M9 di Mestre. Urso ha ribadito che il candidato sarà scelto insieme dalle forze che compongono la coalizione nel corso di un vertice dei leader nazionali, ma al tempo stesso non ha mancato di sottolineare la posizione di forza che Fratelli d’Italia ha assunto in Veneto negli ultimi anni. “Nelle elezioni del 2022 abbiamo raggiunto il 32,6%, alle elezioni europee, siamo cresciuti ulteriormente e abbiamo sfiorato il 38%; insomma – ha proseguito Urso -, Fratelli d’Italia viene riconosciuto certamente nel Veneto come il partito del buon governo che ha dato la svolta all’Italia”. La scelta del candidato “sarà fatta all’insegna della massima coesione possibile – ha concluso -, poi se il candidato sarà di Fratelli d’Italia, noi ne siamo felici”».

Fratelli d’Italia ha avuto una forte affermazione di opinione nelle elezioni politiche, ma la Lega ha un rapporto strutturale con le realtà ammnistrative venete, ignorarlo sarebbe un atto di masochismo dell’area moderata-conservatrice.

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Sulla Nuova bussola quotidiana Ruben Razzante scrive: «Arianna Meloni, sorella della premier e responsabile organizzativa del partito, sarà in Lombardia per lanciare, di fatto, la candidatura di Carlo Fidanza, europarlamentare fedelissimo di Giorgia Meloni, già attivissimo sul territorio e ormai in piena campagna elettorale. Una mossa che conferma come Fratelli d’Italia non intenda restare a guardare, soprattutto in una regione che vale milioni di voti e dove la Lega, un tempo dominante, ha cominciato a perdere terreno. Da qui l’urgenza, per i leghisti lombardi, di riappropriarsi del proprio Dna: rilanciare con forza le battaglie identitarie, difendere gli interessi del Nord, pretendere l’attuazione dell’autonomia differenziata, cavallo di battaglia di Calderoli che ancora fatica a concretizzarsi. È in questa chiave che va letta la scelta del raduno in Valtellina: un ritorno alle origini, ai luoghi del consenso leghista più profondo, in cerca di quella linfa che un tempo rendeva il Carroccio il punto di riferimento assoluto del Nord. E non è un caso che proprio Salvini, sebbene sempre più impegnato sul fronte nazionale e internazionale, abbia deciso di partecipare e intervenire. Il leader sa bene che la sopravvivenza politica della Lega passa dalla capacità di rigenerarsi nelle sue roccaforti e che Pontida, senza un messaggio forte, rischia di trasformarsi in un rituale svuotato».

Non è male pensare oggi alle scelte per la Lombardia, evitando di arrivare all’ultimo momento e allo sbando come è successo al centrodestra in diverse regioni in cui si vota e si è votato nell’autunno 2025. In Lombardia la Lega, a causa anche della dialettica autonomisti-vannacciani non ha più il radicamento che ha avuto negli anni passati. Non è quindi irragionevole da parte di Fratelli d’Italia, primo partito del centrodestra alle politiche, chiedere la presidenza. Però meloniani (e larussiani a Milano e dintorni) dovrebbero fare un’operazione di allargamento della loro base politica, non ispirata solo ai pur legittimi interessi di partito. Dovrebbero scegliere come candidato alla presidenza una personalità che sappia parlare a un’area più ampia possibile. Ma non si mortificano così quadri capaci che vedono posto un tetto alla propria crescita politica? Questo è certamente un problema ma è bene che i quadri meritevoli di Fdi facciano prima esperienze che consentano loro di presentarsi anche come candidati dei “cittadini”, piuttosto che come candidati essenzialmente del partito.

da TEMPI – LODOVICO FESTA

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