Disclaimer: Questa analisi esamina un contenzioso in corso basandosi su atti processuali pubblici. Il caso include solo decisioni preliminari, senza alcuna sentenza definitiva nel merito. Tutte le descrizioni del funzionamento dei sistemi di AI riflettono le accuse contenute negli atti processuali, non fatti accertati. Workday contesta queste accuse e sostiene che la causa sia infondata. La “teoria dell’agente” sulla responsabilità non è ancora stata testata nel merito in sede legale. Le proiezioni finanziarie sono speculative. Nessuna parte di questo articolo costituisce una consulenza legale, finanziaria o di investimento.
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1,1 miliardi di candidature respinte.
Il caso Mobley contro Workday
È con questo astronomico numero che gli avvocati di Workday hanno provato a bloccare la class action del caso Mobley contro Workday, definendola negli atti processuali come “ingestibile”.
Nonostante ciò, la giudice Rita F. Lin ha dato comunque il via libera il 16 maggio 2025 alla certificazione collettiva preliminare. Si tratta del primo semaforo verde della corte, un passo che autorizza formalmente i ricorrenti a fare causa come un unico gruppo. La causa ora minaccia di coinvolgere, secondo le stime della stessa Workday, “centinaia di milioni” di persone in cerca di lavoro, tanto da poter diventare una delle più grandi azioni legali collettive della storia.
Per dare un’idea delle proporzioni, basti pensare che i record in termini di persone coinvolte e di risarcimenti riconosciuti si attestano a 147 milioni di persone in un caso e 14,7 miliardi di dollari nell’altro.
Workday
Al centro di questa battaglia legale, che potrebbe ridisegnare i confini della responsabilità per i fornitori di AI, si trova Workday: un colosso del software per le risorse umane che supporta con la propria tecnologia oltre 10.000 grandi aziende, tra cui più della metà delle Fortune 500. L’accusa è diretta e pesante: secondo il querelante, i sistemi di AI per il recruiting e lo screening algoritmico di Workday andrebbero a discriminare sistematicamente i lavoratori anziani, le persone di colore e quelle con disabilità. Dal canto suo, Workday respinge le accuse come infondate, sostenendo che il pieno controllo del processo è in mano ai datori di lavoro: sarebbero loro, infatti, a decidere i criteri di selezione e a finalizzare le assunzioni.
Francesco Marinoni Moretto
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