Effetto Trump sul turismo: dalle controversie alla ricostruzione

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L’era Trump ha segnato un duro colpo al turismo internazionale negli USA. Politiche controverse, calo economico e crisi reputazionali: oggi il settore cerca la via per una nuova ripresa.

L’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti nel 2016 ha rappresentato uno spartiacque non solo politico, ma anche turistico. Le politiche restrittive sull’immigrazione, il controverso travel ban rivolto principalmente ai paesi musulmani e l’immagine stessa del presidente americano hanno generato significativi cambiamenti nei flussi turistici verso gli USA.

Nel 2025, con la rielezione di Trump, molte di queste politiche sono state riproposte o irrigidite. Le tensioni commerciali con l’Europa e la Cina sono riesplose, portando a nuovi dazi che hanno influito negativamente sui viaggiatori internazionali, scoraggiati dall’aumento dei costi e dalle complicazioni burocratiche. Diverse associazioni del turismo, come la U.S. Travel Association, hanno nuovamente espresso preoccupazione per l’impatto economico di queste misure su hotel, compagnie aeree e agenzie di viaggio.

L’impatto economico del “Trump slump”

Secondo i dati diffusi dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, nei primi due anni della presidenza Trump, gli arrivi internazionali sono diminuiti mediamente del 4%, con una perdita stimata di circa 4,6 miliardi di dollari per l’economia statunitense. Questo fenomeno è stato soprannominato dagli esperti “Trump slump” e ha evidenziato chiaramente il legame tra politica e turismo. Operatori turistici, specialmente quelli operanti in città come New York e Miami, hanno riferito cali significativi nelle prenotazioni alberghiere e nelle visite turistiche guidate, causando non poche preoccupazioni per il settore. Questo declino si è tradotto anche in una perdita stimata di circa 40.000 posti di lavoro diretti e indiretti nel comparto turistico e nelle attività correlate, come hotel, ristorazione e trasporti. Secondo il professor John Williams della George Washington University, specialista in economia del turismo, “gli effetti delle politiche di Trump hanno avuto un impatto più esteso e duraturo di quanto inizialmente previsto”.

Roger Dow, allora presidente della U.S. Travel Association, aveva lanciato un appello durante il mandato di Trump: “Non possiamo permettere che la nostra politica estera diventi un deterrente per chi sogna di visitare l’America. Ogni turista in meno è un’opportunità economica persa”.

Nuovo crollo nel 2025: numeri e testimonianze

Il 2025 avrebbe dovuto essere l’anno della grande ripresa del turismo internazionale negli Stati Uniti, ma le politiche aggressive della nuova presidenza Trump hanno stravolto le previsioni.

Secondo i dati del governo americano, il numero di visitatori stranieri è crollato dell’11,6% a marzo 2025 rispetto all’anno precedente, con un tracollo del 17,2% dei turisti provenienti dall’Europa occidentale. Adam Sacks, presidente di Tourism Economics, ha dichiarato: “Avevamo previsto un aumento del 9% dei viaggi internazionali negli Stati Uniti nel 2025. Ora ci aspettiamo invece un calo del 12%. Sono perdite sostanziali: circa 10 miliardi di dollari in meno di spesa turistica rispetto al 2024”.

Non solo l’Europa: anche i viaggiatori dal Canada sono in netto calo, in parte a causa delle provocazioni di Trump che ha parlato apertamente della possibilità di “colonizzare il Canada come 51° stato”. Le principali compagnie aeree canadesi hanno ridotto i voli verso destinazioni USA, mentre le visite in auto sono diminuite del 32% a marzo.

Tra le mete più colpite:

  • Statua della Libertà: biglietti venduti in calo del 6% ad aprile;
  • Hotel di New York: prenotazioni in calo del 20% per fine anno;
  • Los Angeles: forte preoccupazione nel settore hospitality, che impiega oltre 500.000 persone.

Jackie Filla, presidente dell’Associazione Alberghiera di Los Angeles, ha commentato: “Il modo in cui veniamo percepiti globalmente sta danneggiando la nostra economia e quella degli altri. La gente non pensa che sia giusto. E se non pensano sia giusto, non vengono”.

A peggiorare il quadro, l’aumento delle deportazioni e delle detenzioni al confine ha avuto un enorme impatto sulla percezione di sicurezza, fondamentale nelle scelte dei viaggiatori. Molti europei, soprattutto da Spagna e Germania, stanno riconsiderando l’idea di visitare gli USA.

Inoltre, secondo un sondaggio MMGY, l’80% degli americani prevede di modificare i propri piani di viaggio interni a causa delle difficoltà economiche generate dalla guerra commerciale in corso.

Adam Sacks ha concluso: “Non esiste un posto dove nascondersi: stati democratici come California e New York, e stati repubblicani come Texas e Florida, saranno colpiti allo stesso modo”.

Cambiamenti nei flussi turistici internazionali

I turisti provenienti da Messico, Medio Oriente e alcuni paesi europei hanno mostrato una significativa riduzione nelle prenotazioni per destinazioni tradizionali come New York, Los Angeles e Miami. Al contrario, paesi come il Canada e il Regno Unito, seppure con flessioni meno marcate, hanno mantenuto numeri più stabili, dimostrando una relazione più complessa tra percezione politica e scelte turistiche. Parallelamente, paesi come Messico, Canada e Spagna hanno registrato incrementi nei flussi turistici internazionali, cogliendo l’occasione di attrarre turisti alla ricerca di destinazioni percepite come più accoglienti e stabili. Julia Gomez, direttrice della Federazione Turistica del Messico, ha confermato: “Abbiamo osservato una crescita significativa delle prenotazioni da parte di turisti che hanno deciso di evitare gli Stati Uniti in quel periodo”.

Caroline Bremner di Euromonitor International aveva sottolineato: “La narrativa politica negli Stati Uniti ha influito non solo sui viaggi da paesi a rischio, ma ha anche diffuso una percezione di insicurezza e chiusura che ha spostato i flussi turistici verso l’Europa e l’Asia”.

Cambiamenti nella reputazione e nel comportamento turistico

L’influenza di Trump non si è limitata agli arrivi turistici: la reputazione globale degli Stati Uniti come paese accogliente e multiculturale è stata messa in discussione. Alcuni analisti hanno attribuito questo calo non solo alle politiche concrete attuate dall’amministrazione, ma anche alla retorica aggressiva e polarizzante che ha caratterizzato gli anni di presidenza, creando un senso di disagio e insicurezza tra i potenziali visitatori.

Secondo Mark Stein, analista di mercato turistico, “la percezione di un paese come politicamente stabile è diventata cruciale nelle decisioni di viaggio internazionali”. Zurab Pololikashvili, Segretario Generale dell’UNWTO, aveva dichiarato: “Il turismo è costruito sulla fiducia. Le barriere, fisiche o psicologiche, lo indeboliscono”.

Le recenti misure, come la stretta sui visti e l’inasprimento dei controlli ai confini, hanno rafforzato l’idea di un’America meno accessibile e meno sicura, alimentando un cambio di rotta nei flussi turistici globali. Questo ha spinto sempre più viaggiatori verso destinazioni considerate più neutrali e accoglienti, come il Canada, l’Australia e i paesi europei.

In particolare, numerosi operatori turistici europei hanno segnalato un boom nelle prenotazioni verso mete alternative, e diverse agenzie viaggi hanno deciso di ridurre le offerte verso gli Stati Uniti, favorendo la promozione di pacchetti turistici interni all’Europa o verso l’Asia.

Anche il turismo domestico ne risente: l’incertezza economica, alimentata dalla guerra commerciale e dalla crescente polarizzazione interna, porta sempre più cittadini americani a posticipare o modificare le proprie vacanze. Un segnale chiaro che nel turismo, come nell’economia globale, la fiducia resta il bene più prezioso e più fragile.

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