COP30 Clima

COP30: firmato l’accordo ma senza un piano per i combustibili fossili

Attualità

Il clima forse non è dei migliori – per restare in tema – ma nel densissimo caldo dell’Amazzonia i 200 Paesi che nelle ultime due settimane si sono incontrate a Bélem, in Brasile per la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.

Dopo estenuanti negoziati i paesi hanno trovato un accordo (forse un pò debole) che nelle intenzioni dovrebbe segnare un nuovo capitolo della lotta al riscaldamento globale.

Va detto che a distanza di 10 anni dagli accordi di Parigi del 2015, i 195 (con un componente in meno da quando la presidenza Trump ha tirato indietro gli Stati Uniti) non sono riusciti ad evitare che la temperatura media globale superasse più di 1° e mezzo quella rispetto l’era pre-industriale. Anzi, a quanto pare già lo scorso anno abbiamo superato questo limite. Non solo, i 100 miliardi all’anno che i paese inquinanti avevano promesso di dare ai paesi più poveri, sono arrivati sì, ma con due anni di ritardo rispetto il 2020. Anche l’impegno a ridurre le emissioni è stato solo rispettato in parte e da alcuni paesi (fra questi quelli UE), che hanno ridotto le emissioni per il 25%.

Nonostante si gridi al fallimento, gli accordi di Parigi con tutte le ombre ben visibili, sono comunque servite per aumentare il livello di sensibilità e la legislazione politica in favore di una riduzione delle emissioni di gas serra.

L’economia, la produzione e il mutamento culturale sono orientati a convertirsi verso una produzione sempre più ecosostenibile. La scienza e un’ampia parte della comunità internazionale però sostengono siamo ancora lontani dai livelli cui dovremmo essere oggi con le nostre tecnologie e con l’impegno della diplomazia. Lo dimostra il fatto che, nonostante gli sforzi dell’Unione Europea e di oltre 80 paesi, nel testo finale della Cop30 non compare alcun riferimento all’eliminazione graduale dei combustibili fossili. 

Il risultato di questo incontro è il Global Mutirão decision”.

Il documento che riconosce esplicitamente l’insufficienza delle politiche attuali per mantenere l’obiettivo di +1,5°C e segue una direttiva per gli stati da seguire per aiutare i governi a ridurre le emissioni. Nell’accordo però resta una macchia nera: nessun riferimento esplicito alla necessità di superare l’uso di petrolio, gas e carbone. Insomma i combustibili fossili – fortemente voluti dai produttori big quali Arabia Saudita, Russia, India e altri – restano un punto invalicabile. Di fronte al timore che la diplomazia crollasse, molti diplomatici europei hanno accettato l’accordo, anche con delle mancanze.

Il testo finale non avrà nessuna road map per l’eliminazione dei combustibili fossili, ma chiede di triplicare entro il 2030, rispetto ai livelli del 2025, i finanziamenti globali per l’adattamento della finanza climatica. Un obiettivo politico importante. Insieme a questo vi è la consapevolezza. In questi 10 anni, dopo l’accordo di Parigi, molti paesi sono consapevoli che senza impegni misurabili l’obiettivo sulla carta resta irreale senza veri meccanismi di attuazione.

Il 2030 segna la prossima tappa per un controllo sui primi risultati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.