Il Comune risponde all’emergenza incidenti con una misura che rischia di paralizzare la città, ignorando gli investimenti necessari per la riprogettazione degli incroci e la vera messa in sicurezza.
L’emergenza sicurezza stradale a Milano è innegabile, come dimostrano i recenti e drammatici fatti di cronaca—dal dodicenne travolto in via Verro allo schianto notturno in via Tortona. La risposta dell’amministrazione è la stessa: espandere in massa le “Zone 30”, con l’assessora alla Mobilità Arianna Censi che annuncia l’inclusione di “oltre 100 luoghi” nel piano. ““Stiamo agendo indipendentemente da quello che è accaduto negli ultimi giorni”, ha sottolineato l’assessora.
Questa mossa, tuttavia, rischia di apparire più come un semplice palliativo che come una strategia seria e strutturale, spostando il problema senza risolverlo e, anzi, creandone uno nuovo per la circolazione.
Il rischio paradosso: lentezza forzata e frustrazione
Il cuore della critica risiede nel fatto che il limite dei 30 km/h, se applicato in modo diffuso e non selettivo, può trasformarsi in un fattore di congestione e frustrazione per gli automobilisti. Moltiplicare i tratti a velocità ridotta senza una contestuale riorganizzazione del flusso veicolare significa aumento degli ingorghi. La riduzione della velocità massima, specialmente sulle vie di scorrimento, infatti rallenta inevitabilmente l’intera rete, prolungando i tempi di percorrenza e aumentando il rischio di stop-and-go con conseguente incremento di inquinamento e nervosismo alla guida.
Ignorare il vero problema: l’assenza di interventi strutturali
La vera insicurezza stradale di Milano non risiede solo nell’eccesso di velocità, ma nella progettazione obsoleta e pericolosa di incroci, attraversamenti e corsie.
Invece di concentrare risorse e impegno sulla riprogettazione (la cosiddetta traffic calming), il Comune sembra prediligere la soluzione normativa, più economica ma meno efficace.
Nelle zone problematiche si potrebbero ad esempio inserire attraversamenti pedonali rialzati per costringere fisicamente l’abbassamento della velocità. E sarebbe necessario migliorare l’ illuminazione e la segnaletica, interventi mirati dove statisticamente avvengono più incidenti, specie nelle ore notturne (come nel caso di via Tortona).
Dichiarare di voler moltiplicare i limiti di velocità appare, in questo contesto, come una distrazione di massa per evitare di spendere in effettive migliorie stradali nelle zone critiche.
Una sicurezza sulla pelle dell’automobilista
In sintesi, l’approccio milanese al problema rischia di penalizzare l’automobilista onesto con nuovi limiti che ne complicano la circolazione, senza centrare il vero obiettivo: diminuire gli incidenti attraverso un’intelligente progettazione delle strade.
Il Comune è chiamato a spiegare come intende conciliare l’espansione delle Zone 30 con il mantenimento della fluidità della circolazione in una metropoli complessa come Milano, e soprattutto, a mostrare un piano credibile per i veri interventi strutturali di sicurezza. Altrimenti, l’annuncio dei “cento luoghi” rimarrà solo l’ennesimo tentativo di nascondere, dietro a un cartello, la mancanza di una visione urbanistica coraggiosa.
Anna Ferrari
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