L’Italia è diventata il megafono di Mohammad Hannoun, l’uomo che utilizza le nostre piazze per predicare la violenza politica e l’omicidio. È tempo di smettere di interrogarci e di agire: la questione non è se debba essere espulso, ma quando.
Il presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia, a capo dell’ennesimo corteo del sabato a Milano, come avevamo raccontato ieri sul nostro giornale, non si è limitato a protestare. Ha arringato la folla dal suo megafono inneggiando apertamente all’omicidio politico e alla barbarie. Discutendo delle brutali esecuzioni compiute da Hamas a Gaza, Hannoun ha riesumato la più macabra “legge del taglione” affermando senza vergogna: «Tutte le rivoluzioni del mondo hanno le loro leggi. Chi uccide va ucciso, i collaborazionisti vanno uccisi».
Capito bene? Secondo Hannoun e i suoi seguaci, i terroristi di Hamas – che hanno fucilato alla schiena civili palestinesi colpevoli di non allinearsi al regime – hanno semplicemente fatto il loro “dovere”. E se i “collaborazionisti” di Israele «vanno uccisi», quale garanzia abbiamo che questo appello alla violenza, importato dal jihad islamico, non venga raccolto e messo in pratica nelle nostre città?
A sentire i deliri lanciati dal camion che apriva la sfilata pro-Palestina a Milano, non c’è più spazio per l’indecisione. Bastano queste poche, terribili parole per aizzare estremisti pronti a mordere e a far scorrere il sangue.
Nonostante cerchi di mascherare l’odio con finti intenti pacifici («I cittadini italiani sono tutti per i diritti del popolo palestinese…»), Hannoun ha ribadito senza mezzi termini la sua volontà di cancellare Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, “dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo”. Neanche gli accordi di tregua lo placano, anzi. Vede tranelli ovunque, arrivando a definire i garanti internazionali come «sionisti criminali» e riservando parole velenose anche per il Paese che lo ospita: «Il governo italiano continua a sostenere un criminale come Netanyahu e a fornire armi usate per uccidere bambini».
Queste non sono opinioni politiche, ma incitamenti all’odio e alla violenza armata. Dopo aver udito esaltare l’omicidio come “legge rivoluzionaria”, l’Italia ha il dovere di agire per tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale.
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