Era il primo settembre 2022 quando, dopo un quarto di secolo di abusivismo e degrado, il campo rom di Vaiano Valle a Milano fu finalmente chiuso. Un epilogo costoso, gestito dal Comune che ottenne dal Ministero dell’Interno oltre 500.000 euro per un progetto di “accompagnamento abitativo e sociale” destinato alle 37 famiglie balcaniche residenti.
Cosa è successo dopo? Le famiglie sono state ricollocate: 26 nuclei nei Servizi Abitativi Transitori (Sat), 4 in case popolari fisse, mentre altri hanno fatto perdere le loro tracce. Già all’epoca, gli ex nomadi avevano espresso scontento per le nuove abitazioni, definite “piccole e malandate”.
Oggi emerge il conto salato. A distanza di tre anni, molti di questi nuclei non hanno versato quanto dovuto per spese condominiali e tassa sui rifiuti. Il motivo? Una determina dirigenziale dell’Area Diritti e Inclusione parla chiaro: le famiglie “non sono in grado di far fronte autonomamente vista la precaria condizione economica e la grave vulnerabilità sociale”.
E chi paga il conto? L’amministrazione comunale. Con un ampliamento del servizio di supporto affidato a tre onlus, il Comune ha dato il via libera allo stanziamento di oltre 28mila euro (con un potenziale aumento a più di 70mila) per tamponare il buco creato dai rom.
Eppure, il copione era noto. Il Comune di Milano aveva preventivamente stanziato un fondo di garanzia di 80mila euro proprio per coprire eventuali morosità. Ma non è bastato. Ora, “vista l’urgenza”, le prime risorse extra saranno finanziate direttamente dal Comune.
L’ennesima dimostrazione, secondo i critici, di politiche eccessivamente “rom-friendly” che gravano sui bilanci. Un modello che, nel Municipio 5, continua a far discutere, dalle difficoltà nella chiusura del Villaggio delle Rose al persistente degrado di aree come via Selvanesco. Un contesto in cui si enfatizzano i diritti (come non pagare le utenze) senza richiedere i doveri.
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