La borghesia di Milano. L’asse portante della città almeno degli ultimi due secoli. Ma qualcosa è cambiato negli ultimi anni. E’ diventata quasi invisibile, per molti è scomparsa. Ma la verità è un’altra. E’ diventata digitale.
La famosa borghesia di Milano è diventata digitale
# La trasformazione silenziosa
La pandemia ha modificato radicalmente la geografia sociale di Milano. La riduzione della presenza quotidiana in ufficio ha favorito una generazione di lavoratori digitali che opera in modo autonomo e flessibile, con rapporti professionali spesso multipli e collaborazioni a progetto. Questa categoria, composta in gran parte da freelance, consulenti e creativi, ha sostituito progressivamente parte della vecchia classe impiegatizia. Il lavoro è diventato più fluido e spesso indipendente dalla sede aziendale. Le aziende, nel frattempo, hanno ridotto spazi e costi fissi, contribuendo a creare una città dove la produttività si distribuisce in modo diffuso. Il risultato è un urbano più flessibile, ma anche più frammentato, dove la relazione tra reddito e appartenenza territoriale è meno prevedibile.
# I nuovi centri di potere
I luoghi simbolo di questa borghesia digitale non sono più i distretti finanziari o le sedi istituzionali, ma spazi ibridi e temporanei. Zone come Isola, Porta Nuova–Garibaldi, dove troviamo il distretto Fintech, NoLo e Scalo Romana, dove si trova la sede milanese di Talent Garden in via Calabiana, uno dei campus di coworking più grandi d’Europa, simbolo del nuovo ecosistema del lavoro digitale. Gli incontri avvengono nei coworking, nelle lounge degli hotel o nei locali che offrono connessioni veloci e ambienti informali. La loro forza economica è spesso individuale ma aggregata, con redditi medio-alti diffusi e consumi urbani orientati alla qualità e al tempo libero e, a differenza della borghesia tradizionale, questa classe non cerca stabilità né status simbolici permanenti: preferisce flessibilità, esperienze e riconoscimento professionale digitale
Sociologicamente, la “borghesia digitale” presenta elementi distintivi di una nuova classe urbana. È mobile, istruita, internazionalizzata, ma allo stesso tempo radicata nelle dinamiche metropolitane. Usa la città come piattaforma di connessioni, non come residenza definitiva. Contribuisce a mantenere alto il livello economico di Milano, ma tende anche a polarizzare il mercato immobiliare e dei servizi. Il suo potere d’acquisto, unito a uno stile di vita nomade, spinge in alto i prezzi e ridisegna la composizione dei quartieri centrali. Non possiede necessariamente capitale tradizionale, ma controlla reti, competenze e reputazione digitale: i nuovi strumenti del potere urbano.
Fabio Marcomin (MILANO CITTA’ STATO)
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