Per decenni il libero mercato è stato il motore principale della nostra economia. Funziona così: quando la domanda di un bene supera l’offerta, il prezzo sale; quando la domanda cala, anche il costo si abbassa. Ma a Milano, nel settore degli affitti per studenti, questa dinamica ha superato i limiti della logica, trasformandosi in una vera e propria distorsione. Il risultato è un mercato completamente sbilanciato che non ha più nulla a che vedere con i principi economici.
Il costo esorbitante della “stanza singola”
Mentre le università si preparano ad accogliere gli studenti, i portali immobiliari sono diventati la loro arena. Le cifre richieste per una singola stanza sono sbalorditive: in alcuni casi, superano i 1.300 euro al mese. Si tratta di un prezzo che, fino a pochi anni fa, era impensabile. Per i proprietari, affittare a studenti è diventata l’opzione più redditizia, ma la corsa ai prezzi ha reso Milano la città universitaria più cara d’Italia.
Diritto allo studio a rischio
Le famiglie di fuori sede si trovano di fronte a un bivio: accettare affitti insostenibili o rinunciare al sogno di studiare in una delle principali città universitarie del Paese. Nonostante l’impegno di alcune università come la Statale e la Bicocca, che hanno aperto nuove residenze a prezzi calmierati, l’offerta non è nemmeno lontanamente sufficiente. A fronte di oltre 90 mila studenti fuori sede, i posti disponibili a tariffe accessibili sono insufficienti.
Questa carenza porta a una serie di problemi: attese interminabili, graduatorie, sistemazioni in periferia, contratti precari o, nel peggiore dei casi, affitti non tutelati. Pagare una cifra quasi equivalente a un mutuo per una singola stanza non può essere considerata la norma.
È arrivato il momento di riconoscere la realtà dei fatti: questo non è più un mercato libero, ma un mercato profondamente sbilanciato. Il rischio è che Milano diventi una città universitaria accessibile solo a una élite, compromettendo il diritto allo studio di molti.
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