C’è un aspetto dei viaggi che amo più di altri: la possibilità di osservare il mondo da prospettive inattese, lasciandomi sorprendere da ciò che non avevo previsto. È accaduto anche negli ultimi giorni durante il mio soggiorno a Los Angeles.
Percorrendo la iconica zona di Hollywood, mi sono fermata nel nuovo locale inaugurato a fine luglio da Elon Musk, il Tesla Diner. Un luogo che è già diventato tappa obbligata per chi cerca non solo la “gastronomia” californiana, ma anche un certo modo di immaginare e vivere il futuro.
L’edificio, a pianta circolare, richiama l’estetica di un disco volante e di notte si illumina tra neon, luci al plasma e un’atmosfera “retro-futuristica” che evoca i fasti dei drive-in americani degli anni ’50. È una scenografia del possibile, un’intersezione tra passato e futuro.
La tecnologia è ovunque. Due enormi schermi LED trasmettono film cult o contenuti promozionali, sincronizzati con il sistema audio delle auto Tesla. I menu arrivano in confezioni a tema Cybertruck, mentre un robot Optimus distribuisce popcorn con sorprendente naturalezza.
Seduta al tavolo, davanti a bacon croccante glassato con sciroppo d’acero, ho iniziato a riflettere. Quel locale non è solo un ristorante, ma un manifesto. Musk lo ha concepito come uno spazio in cui tecnologia e quotidianità si intrecciano senza attriti. L’AI non è lì per stupire con effetti speciali, ma per rendere fluido ogni gesto.
Ciò che mi ha colpito non è la presenza dell’intelligenza artificiale, ma la sua naturalezza. Non è straordinaria, né aliena: è un’AI che entra nelle abitudini, dialoga con le esigenze. Ed è tale aspetto che, da avvocato e osservatrice dei mutamenti sociali ed economici, considero più significativo.
Il Tesla Diner diventa così metafora del presente dell’AI, un’esperienza conviviale che incanta ed al tempo stesso interroga. Non è più un futuro da immaginare: è un presente da governare con attenzione, competenza e responsabilità.
A Los Angeles questa consapevolezza è tangibile. L’intelligenza artificiale non è vissuta come curiosità, ma come parte integrante della quotidianità. È frequente imbattersi nelle auto a guida autonoma di Waymo, il progetto di veicoli self-driving di Alphabet. Sulle strade di Los Angeles, Venice, Santa Monica e Malibù ho incrociato numerosi robotaxi, Jaguar I-PACE elettriche, equipaggiate con sensori visibili, che si muovono in silenzio tra il traffico.
E mentre le osservavo mi sono resa conto che ciò che un tempo appariva lontanissimo è già qui, davanti ai miei occhi. La vera sfida oggi non è più domandarsi se l’intelligenza artificiale cambierà le nostre vite, ma come decideremo di viverla, regolarla e integrarla in modo equo e sostenibile.
Forse il futuro dell’AI è anche in un ristorante che ti serve popcorn tramite un robot, in un’auto che ti riporta a casa da sola, in piccoli gesti che non fanno rumore, tuttavia ridefiniscono il nostro quotidiano. Ed allora, in conclusione, mi domando se è in questa normalità, così sorprendente nella sua semplicità, che dobbiamo imparare a riconoscere il valore – e la responsabilità – del nostro tempo.
Avv. Simona Maruccio
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