In una vetrina nel cuore di Milano, precisamente in una merceria al civico 18 di via Statuto, tra la merce esposta e un’insegna al neon, si nasconde un messaggio che sta facendo discutere. Accanto a un cartello che invoca la pace – “Stop War” con le bandiere di Israele e Palestina – compare una scritta su sfondo blu con caratteri bianchi: “ישראלים ציונים אינם רצויים כאן”.
Per la maggior parte dei passanti, ignari della lingua, la frase rimane incomprensibile. Ma una semplice traduzione automatica ne rivela il significato: “Gli israeliani sionisti non sono benvenuti qui“. Un’affermazione netta, che si discosta dal più generico appello alla pace, generando un’ondata di reazioni.
La denuncia sui social
Il caso è esploso mercoledì 21 maggio, grazie alla denuncia sui social di Roberto Della Rocca, membro della Camera di commercio israelo-italiana e dirigente politico. Della Rocca ha espresso la sua perplessità riguardo alla scritta “Stop War”, pur riconoscendo la libertà di espressione, ma ha puntato il dito sulla frase in ebraico, ritenendola una scelta “scaltra e macchiavellica” da parte del negoziante, forse per non dare nell’occhio.
“Io sono israeliano, io sono sionista – ha scritto Della Rocca nel suo post, definendo il sionismo come un “movimento di autodeterminazione di un popolo oppresso, discriminato, odiato, deportato, sterminato”, che si rifà, tra l’altro, a quello risorgimentale italiano – quindi non posso entrare? Perché? Cosa ho fatto? Faccio parte di questo governo? No. Ho ucciso bambini? No. Abito in una colonia? No. E allora?”.
La sua domanda retorica sottolinea il senso di discriminazione e ingiustizia percepito di fronte a un messaggio che, secondo Della Rocca, equipara l’identità sionista a qualcosa di indesiderabile, senza considerare le sfumature individuali e le azioni personali.
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