Come ogni anno, per il 1° Maggio tornano alla memoria le tante vicende legate alle vittime del lavoro.
Ne ricordiamo una in particolare, ormai dimenticata tra le pieghe della Storia, avvenuta nei pressi di Milano, ben più di cento anni fa.
È il 6 novembre del 1916 e la Compagnia italo-francese Sutter&Thevenot inizia la produzione di bombe di trincea, munizioni, granate e petardi incendiari, negli stabilimenti costruiti dal Genio militare a Castellazzo di Bollate, frazione Fornace Bonelli, poco lontano da Milano.
Compongono la forza lavoro 400 operai di cui la maggioranza donne di età compresa tra i 14 e i 28 anni e anche alcuni bambini.
L’area produttiva è molto estesa. Sono presenti 40 edifici divisi in vari reparti tra cui le zone di innesco, essicatoi, l’officina meccanica, polveriere, la falegnameria, il laboratorio chimico, i depositi di stoccaggio, il collaudo esplosivi, il refettorio, la lavanderia e naturalmente gli uffici.
La ferrovia attraversa l’impianto per praticità di carico e scarico.
Per puro caso, esistono parecchie immagini della fabbrica, grazie alle foto scattate nel 1917 dal fotografo Luca Comerio, ai tempi pioniere della fotografia, chiamato dalla direzione a documentare i processi lavorativi.
Venerdì 7 giugno 1918 alle ore 15,30, la fabbrica esplode.
Pare che ad innescare l’esplosione sia stata una ragazza di nome Giulia che trasportando delle bombe a mano su di un terrapieno, abbia inciampato e fatto esplodere malauguratamente un ordigno, scatenando in successione la Santa Barbara delle altre granate.
Dagli archivi parrocchiali risultano 59 morti e trecento feriti, solo donne.
Stranamente nessuno della dirigenza, tutti uomini, era presente.
Il 9 giugno si svolgono i funerali, dopo che i soccorritori avevano cercato e raccolto tutti i brandelli dei morti sparsi nei dintorni, trovandone ovunque.
Tra i soccorritori anche un Ernest Hemingway 19enne e non ancora famoso, che era arrivato il giorno prima da Parigi perché arruolato come volontario nelle fila della Croce Rossa come autista.
Questa esperienza confluirà in seguito, quattordici anni dopo, in un racconto dal titolo “Storia naturale dei morti” contenuto nella raccolta “I 49 racconti”.
Della disgrazia se ne parla anche in Parlamento, attraverso un’interrogazione, ma la parola d’ordine è coprire il fatto e dimenticare, tacere.
Nel 1919,1 a guerra finita, quello che rimane della Sutter&Thevenot viene chiuso.
Oggi solo una folta vegetazione ricopre il sito della polveriera, che è diventato zona poco frequentabile di spaccio e solamente una targa conservata dal Comune ricorda “le lacrimate vittime strappate al lavoro per la grandezza della Patria”.
Eleonora Prina
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