Vittorio Feltri “Sala toglie ai poveri per dare ai ricchi”

Milano

Un Feltri su Libero che va diritto al sodo, stigmatizza l’operato di Sala, dice ciò che molti pensano

“Qualcuno afferri il defibrillatore e lo prema sul petto della Metropoli, o forse della Madonnina. Dev’essere successo qualcosa al suo muscolo cardiaco. La Baggina si sta spogliando dei beni destinati ai poveri per consegnarli ai ricchi. Sono enfatico, semplicistico, populista, ma non mi viene niente di meglio per spiegare cosa sta accadendo se si procederà come da delibera del “Consiglio di indirizzo”, presieduto da Secondina Giulia Ravera, nominata dal sindaco Beppe Sala. Ho scritto Baggina per farmi capire. Il suo nome ufficiale è Pio Albergo Trivulzio, il quale compone – con Martinitt e Stelline – l’Azienda dei servizi alla persona, Asp.

Insomma, la Baggina sta per vendere in blocco sei grandi edifici popolari. Stanno in piazza del Carmine, via Moscova, piazza Mirabello. Si tratta di palazzi situati in centro, tesori di cultura ottocentesca, isole di milanesità viva, biotopi meritevoli di tutela dell’Unesco

Se fossero boschetti spiumati abitati da rospi e upupe interverrebbe il Wwf, che inserirebbe qualche falchetto e parrocchetto per farne un’oasi immortale. Arriverebbero i carabinieri della Forestale in joint venture con Green Peace e – Dio ci scampi -Greta Thunberg a impedire la raccolta di funghi. Invece tutto tace. E i precedenti inducono al pessimismo. Si farà. Si procedette in questo modo cedendo beni della Baggina a Brera e in Corso Garibaldi. Poi toccò a via della Spiga, dove oggi un metro quadro d’appartamento si acquista a 20-25mila euro e più, dieci volte le valutazioni di allora. Mi dice Luciano Buonocore, 77 anni, che abita in uno di questi complessi sempre più desolati, che sono stati lasciati colpevolmente andare, con impianti fuori norma, e mano a mano gli inquilini abbandonavano, diretti al camposanto, i locali, non sono stati più affittati, salvo in alcuni casi a società di B&B. Si sono trasformate così in un boccone d’oro per la finanza.”  E giustamente l’invettiva si focalizza sulla vendita dei beni del Pio Albergo Trivulzio

Prosegue  “La delibera unanime del Consiglio di indirizzo (tre scelti dal Comune, due dalla Regione) giustifica la “alienazione dei beni immobili” con la necessità di far fronte ai debiti. Che si fa? Si vende la memoria viva di una città per ripianare i guasti di una cattiva amministrazione? Per sistemare i bilanci del Vaticano, non è che il Papa vende le catacombe, e il Campidoglio non lottizza i Fori imperiali, o ricava appartamentini B&B per il relax di nababbi texani e arabi. Invece di cedere in blocco queste costruzioni, premessa sicura di sfratto per chi resta, perché la Baggina non ne propone l’acquisto, con riscatto, a chi ci abita? C’è gente che vi è nata, queste case sono un tutt’uno con queste famiglie. Trattatele almeno come se fossero fiori di montagna: non si strappa un narciso o un ciclamino per non avvilire la natura, invece se si sradicano le persone fa niente? Oltretutto, generose dame e antichi signori consegnarono queste dimore al Pio Albergo Trivulzio perché dessero tetto e soccorso ai poveri, non loft ai milionari.” Rabbia più che giustificata, perché nessuno antecedentemente ha osato pensare di mettere in strada tanta povera gente.

Conclude “Io amo i ricchi e soprattutto le ricchezze. Ma non essendo di sinistra non ho alcun disprezzo per chi non lo è e non possiede dobloni d’oro. Io credo che se si espellono dal centro delle città quanti sono dotati di reddito medio e basso, si finisce per farsi del male, creando ghetti come a Chicago e a Bogotà. Ma tutto questo Sala non lo sa. E sta procurando un infarto all’anima della città.”

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