Quell’ombra scura tra una folla festante

Milano

Un sabato di fine maggio come tanti, ma diverso e più allegro per molte scolaresche delle primarie a Milano. Bambini che schiamazzano, si rincorrono e scherzano come tutti i bambini alla fine dell’anno scolastico, si sentono euforici nel dare vita alla festicciola che le maestre e i dirigenti scolastici hanno organizzato per loro. Anche con l’aiuto di alcuni sponsor, come accade spesso in questa epoca dove ogni aggregazione richiama pubblico e necessita di supporto sia logistico che organizzativo. Il comprensorio svolge attività didattica per tutte le cinque classi delle primarie, nelle diverse sezioni, quindi la partecipazione è numerosa anche grazie alla presenza in massa di genitori, parenti e amici sia dei piccoli studenti che dei genitori e nonni, tra i quali il sottoscritto ad ammirare il suo piccolo nipotino.

Si percepisce l’entusiasmo infantile, il clima distensivo e rilassato ma pure frenetico del centro sportivo annesso coinvolge tutti e mostra una tranquilla mescolanza di origini, provenienze, linguaggi e culture. Le parate canore e coreografiche dei bambini, pazientemente istruiti dalle maestre nel canto e nei balletti in programma, sfilano una dopo l’altra alternando canzoncine, danze e frasi inneggianti all’eguaglianza, alla fratellanza e alla concordia, come è giusto che sia perché è nell’infanzia che i futuri cittadini sviluppano e consolidano le loro radici nella realtà che li circonda.

Il pubblico è variegato, giovani, anziani, mamme e papà che osservano, si scambiano opinioni e reciproci complimenti per i rispettivi pargoli, gente che anche senza conoscersi socializza e allaccia nuovi rapporti di conoscenza, anche se non di amicizia. Donne giovani e mamme mature in abbigliamento sportivo, alcune optano invece per una sobria eleganza e altre per una colorita moda sbarazzina, minigonne , shorts, camicette e tutine, altre ancora evidentemente legate a tradizioni, con culture e stili di paesi lontani: India, Pakistan, Arabia e Africa, Cina. Spesso dialogano, molte con buone conoscenza della nostra lingua e altre meno, mentre i bambini non conoscono ostacoli e sembrano tutti di una stessa famiglia, senza distinzioni anche laddove alcune bimbe indossano abiti o accessori tipicamente di ispirazione mussulmana, come un velo copricapo e/o una veste lunga, ma questo non impedisce loro di integrarsi nel gruppo di compagni di scuola.

Le gradinate del piccolo centro sportivo sono ormai gremite, e la festa ha inizio tra canti e applausi alle prime performances dei piccoli teatranti occasionali. Nelle prime file del pubblico, però, sembrano staccarsi dalla massa una dozzina di donne, sedute una accanto all’altra, in evidente distonia rispetto alla multicolore immagine di pubblico: si riconoscono sia dall’abbigliamento di chiara ispirazione islamica (molto coperte tranne il volto, nonostante la temperatura, alle 10 del mattino, già si avvicini ai 26 gradi) , sia dall’atteggiamento. Infatti i loro dialoghi sono circoscritti, limitati al gruppo etnico che rappresentano, non sembrano avere rapporti di interscambio con altre mamme e tantomeno con i papà degli altri bambini.

Ad un certo punto, dalla mia postazione di 3 gradini più in alto, grazie ad una persona che si sposta riesco a scorgere tra le musulmane una figura più minuta, nera e immobile. Era certamente una donna, racchiusa nel classico “insaccato” stile AMSA: il terribile sacco nero conteneva un essere umano! Nell’attimo in cui ruotava leggermente il capo, notavo il suo “burqa” lasciarle scoperti soltanto due occhi profondi, neri, che attraverso una sottile fessura scrutavano la moltitudine di piccoli festanti appena sotto di lei. Era (fortunatamente) l’unica presenza in grado di rendere inquietante l’immagine complessiva di un pubblico che non partecipava a cerimonie funebri, ma ad una festa dell’infanzia. Una macchia, davvero sgradevole, stridente nel contrasto con le sue stesse vicine di posto, coperte ma non nel viso, con altre tonalità sebbene dallo stile discutibile. E irragionevole, assurda e deprimente nel contesto generale che presentava gioventù variegata e moderna, abbigliata con adeguato ma rispettoso stile alle condizioni meteorologiche del giorno, ormai dal clima quasi estivo.

A prescindere dalla contravvenzione alle norme di legge che vietano la totale copertura del viso in pubblico, non vi era purtroppo alcuna rimostranza dai presenti, nè tantomeno da qualche persona che avesse l’autorità per richiedere il rispetto delle nostre leggi. Rimaneva in me, di fronte a quanto osservavo, una sgradevole sensazione di indisponente arroganza, da parte di queste etnie che stanno progressivamente allargandosi a macchia d’olio non solo in Italia, nel loro ormai chiaro programma invasivo di sovversione delle nostre culture, e mi chiedevo se e quando queste persone si renderanno conto di non essere accettate da tutti nella loro cieca e sorda cocciutaggine. Eppure il concetto è estremamente semplice: vestitevi come diavolo vi pare, ma abbiate la compiacenza di non presentarvi guardando il mondo da una fessura, e impedendo alla gente normale di sapere se dietro è presente un essere umano piuttosto che alieno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.