Ieri sui social qualcuno ha pubblicato e commentato immagini atroci di quanto accaduto il 7 ottobre 2023 a 1200 cittadini israeliani. Uno dei commenti recitava “non li giustifico, ne li perdono”. Mi sono chiesto, dubbioso, se tale commento (secco e conciso) fosse rivolto agli autori del massacro, i guerriglieri di Hamas, oppure alla reazione sproporzionata del governo di Netanyahu. Una domanda che era sorta dalla sensazione di caos social che si è creata in questi dibattiti sulla questione Israele-Hamas (ripeto, Hamas, non Palestina).
Fatto certo il disgusto che riguarda sia quanto accaduto il 7 ottobre che quanto accaduto, in proporzione ancora maggiore, subito dopo e fino ad oggi, continuo a vedere estremizzazioni da entrambe le parti (o partigianeria/tifoserie) senza mai trovare un punto di equilibrio ed analisi obiettiva degli eventi. Sembra che molti non siano propriamente informati sulle origini storiche di questo conflitto, o non lo sono “bipartisan” per cui tendono ciascuno ad esasperare le difese del proprio punto di vista senza chinarsi all’ascolto di tesi opposte, né di fonti neutrali. E questo diventa un rischio ulteriore anche per le nostre regioni, città, paese, perché minaccia di creare un altro fronte, esterno al conflitto nelle terre di Gaza e Israele, con masse popolari che si fronteggiano sempre più aspramente, anche al di fuori dai social, usando come pretesto l’accusa o la difesa dell’apparato politico di governo e le forze dell’ordine, ma anche degenerando in aggressioni verso persone di origine ebraica che transitano nei pressi della Sinagoga, a Milano, con il tipico copricapo chiamato “Kippah”, o come la famiglia di origine israeliana ma con cittadinanza francese che, pochi mesi fa, venne aggredita non solo verbalmente all’interno di un autogrill su un’autostrada, nell’hinterland milanese, con insulti e offese di chiaro stampo antisemita.
L’aspetto più inquietante e grottesco di tutto ciò è la non presa di coscienza che ogni evento in terra nostra, rimbalza sui social e sui media, arrivando ininfluente in quelle zone di guerra e ai rispettivi governi, dopo aver prodotto danni e disordini di entità mai viste prima nel nostro paese. A chi può giovare tutto questo? Forse solo alla causa (miserabile e fanatica) di quelle frange anarchiche e violente a prescindere, alle quali in fondo non importa granché della causa palestinese ma la manipolano come altre, con un solo scopo reale, che è quello di sovvertire l’ordine democratico del nostro paese. Dovesse proseguire questo intento, rischieremmo di trasferire una guerra da un medio oriente ad un mezzogiorno, quello italiano, dove già esistono pericolosi focolai di rivolta, invocati addirittura da certi esponenti politici. Non ne abbiamo proprio bisogno, considerate le problematiche già in campo sul nostro territorio, che pare ambito da comunità falsamente considerate soltanto seguaci di una fede religiosa. E qui mi fermo, perché il resto è già stato scritto da decenni a cura di personaggi parecchio lungimiranti, ma purtroppo (per noi) inascoltati da chi era inebriato dai concetti di fratellanza universale senza limiti e confini.
