In California, sono rimasta colpita dalla sensazione che il futuro fosse già lì, tangibile.
A Las Vegas ho trasformato quell’impressione in realtà concreta anche per me: mi sono seduta in un taxi senza autista.
Nessun conducente, solo un veicolo che, guidato dall’intelligenza artificiale, si muoveva con sicurezza lungo la Strip, tra luci, traffico e curiosi che fotografavano ogni passaggio.
Un’esperienza che affascina e inquieta allo stesso tempo. Perché mentre osservavo l’auto compiere manovre perfette, mi domandavo cosa accadrebbe se il robotaxi fosse sulle strade italiane.
Chi sarebbe responsabile in caso di incidente? Chi garantirebbe che i dati raccolti – immagini, suoni, percorsi – non vengano utilizzati in modo improprio?
I taxi autonomi che ho sperimentato a Las Vegas rappresentano il punto di arrivo di anni di ricerca; veicoli completamente autonomi, capaci di analizzare l’ambiente, prendere decisioni in tempo reale e condurre un passeggero a destinazione senza intervento umano.
Negli Stati Uniti, regolamenti flessibili e aree di sperimentazione hanno trasformato città come Las Vegas in laboratori a cielo aperto per la mobilità del futuro. In Europa, invece, il percorso è più strutturato e rigoroso: l’Artificial Intelligence Act, entrato in vigore nel 2025, classifica i sistemi di guida autonoma come ad alto rischio, imponendo requisiti di sicurezza, trasparenza e supervisione umana; il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) disciplina il trattamento dei dati personali, con obblighi di minimizzazione, finalità determinate e sicurezza delle informazioni raccolte.
Se domani un taxi senza autista circolasse in Italia, dovrebbe rispettare precisi vincoli giuridici ovvero la trasparenza algoritmica (dimostrare come prende decisioni e in base a quali dati); i controlli e le certificazioni di sicurezza, da verificarsi da autorità indipendenti; la protezione dei dati personali (telecamere e sensori catturano non solo il passeggero, ma anche pedoni, targhe, spazi pubblici; in carenza di garanzie adeguate, il rischio di violazioni sarebbe enorme); la responsabilità civile ( occorre chiarire chi risponde in caso di sinistro, il produttore del software, il costruttore del veicolo, o il gestore del servizio?, anche alla luce della Direttiva Europea sulla responsabilità da prodotto che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro dicembre 2026).
Portare i robotaxi in Italia, e più in generale in Europa, significa affrontare un equilibrio delicato tra innovazione tecnologica, sicurezza pubblica, tutela della privacy e fiducia dei cittadini. Non è sufficiente importare la tecnologia, perché occorre un ecosistema normativo e culturale capace di sostenerla.
Mentre l’esperienza di Las Vegas mostra che il futuro della mobilità è già qui, l’Europa, con l’AI Act e il GDPR, indica che innovazione e diritti devono procedere insieme, per evitare che l’entusiasmo per il progresso si trasformi in rischi non governati.
Il vero banco di prova non sarà quindi la capacità delle macchine di guidare da sole, ma la nostra capacità di governare il cambiamento, facendo del diritto non un ostacolo, bensì lo strumento che consente all’innovazione di diventare davvero progresso.
Avv. Simona Maruccio

Giornalista pubblicista, opera da molti anni nel settore della compliance aziendale, del marketing e della comunicazione.