Una Chiesa minuta, nascosta nel caotico centro di Milano, ma dalla storia affascinante

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La Santa Maria in San Satiro è una chiesa che non si nota, circondata com’è dal caos di Via Torino che la sovrasta. Ma di grande importanza, essendo stata commissionata a un giovane Donato Bramante. In questo momento, impalcature edili quasi soffocano il breve tratto per arrivare al piccolo cortile antistante il sagrato e la piazzetta sembra ancora più minuta.

Intanto, bisogna dire che l’intitolazione a San Satiro è dovuta al fatto che Satiro era il fratello gemello di Sant’Ambrogio e di Santa Marcellina e che ne seguì le orme.

La chiesa ha due scorci, il primo la facciata su via Torino e il secondo, il retro su via Falcone ang. via Speronari.

Retro che risulta molto interessante e parte originaria del complesso, in quanto presente un imponente campanile romanico. E’ il secondo più alto di Milano, dopo quello di Sant’Ambrogio.

Adiacente anche il famoso sacello di San Satiro, cappella con altare, fatto costruire dall’arcivescovo di Milano Ansperto da Biassono tra l’868 e l’871, nella cosiddetta “Insula Ansperti”.  Inizialmente dedicato a San Satiro, Sant’Ambrogio e San Silvestro e più tardi inglobato nella costruzione della chiesa.

La storia

Sacello che in un primo tempo ha anche avuto la funzione di xenodochio, custodito da otto monaci. Gli xenodochi o hospitales erano un punto d’appoggio molto frequente sulle strade per i viaggiatori pellegrini che vi trovavano ristoro e cura dai mali, all’incrocio della contrada della Lupa e quella del Falcone

S. Satiro – Il sacello

Da notare che l’antichità del sito in centro Milano, si rileva anche dall’intitolazione delle vie a corporazioni di artigiani. Tra questi via Speronari, i fabbricanti di speroni, via Spadari, via Cappellari, via Dogana, via Orefici, via Armorari, piazza dei Mercanti.

Un fatto di cronaca nel 1242, segna le vicende sucessive di questa chiesa particolare, o meglio un miracolo.

Pare che un certo Massazio da Vigonzone fosse solito giocare d’azzardo nei pressi della chiesa, più precisamente nell’hospitium falconis. Il posto poco raccomandabile, e avendo perso pesantemente, scagliò un pugnale contro l’immagine della Madonna col Bambino e colpì il bambino che cominciò a sanguinare copiosamente dal muro.

La conversione

Al che repentina la conversione del vil marrano, che cambia vita e diventa un sant’uomo in odore di beatitudine.

Questo episodio deciderà le sorti della chiesa. Gian Galeazzo Sforza e la madre Bona di Savoia, saputolo, decisero di staccare l’affresco e collocarlo nella chiesa. Ne lasciarono però una copia all’esterno, ancora presente, di ampliare la struttura ed erigere la chiesa di Santa Maria in San Satiro. Ed oggi è così come la conosciamo.

Il “coro” con effetto ottico opera del Mantegna

La ristrutturazione

Affidano il compito a Donato Bramante nel 1480, che in quel poco spazio, fa un prodigio.

Non potendo costruire un coro dietro l’altare abbastanza profondo, per mancanza di metratura, semplicemente lo dipinge in 97 cm, dando però la prospettiva di ben più ampia profondità.

Di fatti la pianta della chiesa è cosiddetta “a tau” senza la parte apicale della croce.

Stratagemma che sicuramente gli deriva dalla conoscenza dei lavori del Mantegna, maestro di prospettiva, che come si dice “scolpì in pittura”.

Sempre di ispirazione mantegnesca, è il gruppo scultoreo posto nel primitivo sacello di San Satiro, della Pietà di Agostino de Fondutis, 14 figure realistiche dal vero.

In tutto ciò aleggia, non ufficiale la figura di Leonardo da Vinci, sicuramente presente in Milano in quegli anni, che pare propose dei progetti per il restauro del sacello, mai però considerati.

La chiesa fu poi ultimata sotto il governo di Ludovico il Moro, divenendo quel piccolo capolavoro che è tuttora.

 

Eleonora Prina

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