Diritti, sicurezza e web. Esiste una soluzione?

Lombardia

Milano 21 Febbraio – Ieri, a Palazzo Lombardia, è stata presentata la settima edizione del manuale del prof. Razzante sul diritto della comunicazione. Il tema è di stretta attualità, perché, man mano che la popolazione si connette e diventa social, le sfide diventano più concrete. Non è una banalità, a pensarci bene. Quando entriamo in Facebook noi compiamo diverse operazioni, che possono essere categorizzate in tre modi: hardware, software e di contenuto. Le prime due rientrano nell’ambito della tradizionale sicurezza informatica, banalmente virus ed attacchi hacker. Proteggerci da queste minacce è un imperativo per garantire l’economia, soprattutto in una Regione altamente connessa come la Lombardia. Come ha dichiarato ieri sera il Presidente Maroni: “Siamo una Regione innovativa e vogliamo mantenere questo primato. Siamo avanti sulle infrastrutture digitali: il 98% del territorio lombardo è collegato alla banda larga. Ora è pronto un accordo per banda ultra larga. Fra poco supereremo il 50% di copertura nel territorio, c’è stato un investimento da 200 milioni di euro”. Questo fa della nostra Regione uno dei poli più attraenti per le industrie, ma anche per gli attacchi. Eppure, tutto questo, riguarda poco il comune cittadino. L’aspetto che ci tocca di più è più insidioso e profondo. E lo state affrontando anche voi. Ora. Qui.

Chi vi dice che il contenuto che state leggendo sia vero? Quante volte vi è capitato di indignarvi per notizie sensazionali che, alla fine, erano menzogne? A me è capitato. Lo ammetto. Ne ho anche condivise, prima di accorgermene e cancellarle. Il problema è che, se su scala individuale, la cosa si risolve in una questione di buonsenso, a livello di Nazione il problema è la tenuta della democrazia. Questo porta a domandarci, ancora una volta dopo venti secoli dalla Passione di Cristo, quando questa frase risuonò nel Pretorio, “Cos’è la Verità?”. E, più di recente, chi la giudica, chi ne è il custode e chi si farà carico di punire il mendace? Sul tema il Prof. Razzante è chiaro: “Quella per la qualità dell’informazione è una battaglia difficile da vincere. Perché la rete è anarchica. Ma questo non significa che chiunque può dire liberamente tutto. Sulle risposte tecniche stiamo avendo buone azioni da parte dei colossi della Rete: Twitter e Fb stanno cercando di contenere le bufale con appositi strumenti. Sul tema delle leggi, io sono d’accordo sulla proposta del governo di vigilare. Ma occorrerebbero più che altro delle linee guida condivise da colossi della Rete e operatori dell’informazione. Una bussola che serva all’orientamento nella pubblicazione delle notizie. Una delle proposte potrebbe essere quella di firmare gli articoli non solo con il proprio nome ma anche con il numero di tessera giornalistica, per attestare se si tratti di un giornalista oppure no”.

È una soluzione di buonsenso. Si accordino i grandi operatori e si dia la possibilità ai cittadini di sapere se chi scrive è credibile oppure no. Spero di poter contare sull’indulgenza del professore, ma devo dissentire su un punto, nella sua tesi. Finché esisterà una cosa chiamata giornalismo politico, Travaglio, tanto per capirci, del suo numero di tessera poco potremo farcene. Certo che non mente. Come non mentono un discreto numero di siti di bufale. Ma manipolare l’informazione, quella è un’altra questione. Certo, potremo evitare che, chi arriva alla fine di un pezzo del Corriere del Corsaro (riposi in pace) sappia che no, l’autore non è un giornalista. Purtroppo, per la cronaca, chi arriva alla firma di un pezzo (sì, anche di questo, complimenti al lettore che è giunto sin qui) è una percentuale ridicola degli utenti totali. La gente, usualmente si ferma al titolo. Se questo pezzo si fosse intitolato “Grillo non potrà più usare Facebook”, probabilmente, avremmo avuto una valanga di condivisioni. A prescindere dal fatto che, accanto al mio nome, per scelta, non compaia alcun numero. Né vi comparirà mai, con tutta probabilità. Detto questo, è sicuramente lodevole la prima parte. A meno che questo non crei un cartello, con annessa conventio ad excludendum per chi rifiuti di parteciparvi. In quel caso saremmo di fronte ad un oligopolio. E di quelli più pericolosi, perché non solo avrebbe in mano la diffusione delle notizie, ma anche della Verità. E quello sì che sarebbe, con alcuni notevoli esempi storici a supportare la mia affermazione, un pericolo concreto per la democrazia.

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