L’adolescente, a cui i genitori avevano tolto lo smartphone, era in uno stato di forte agitazione psicomotoria, tanto che i medici hanno dovuto somministrargli farmaci sedativi per via intramuscolare ed endovenosa. A raccontare l’episodio è stato il professor Gianluca Rosso, psichiatra e docente all’Università di Torino, che si trovava in servizio al momento del ricovero. Lo specialista ha paragonato il comportamento del ragazzo a quello di una persona in crisi d’astinenza da sostanze psicotrope, sebbene in questo caso la “mancanza” fosse legata al telefono cellulare. L’episodio, reso pubblico durante un recente incontro sulle dipendenze digitali, evidenzia come l’uso smodato dello smartphone possa generare una dipendenza simile a quella provocata da alcol, nicotina o droghe.
Rosso ha spiegato che lo stimolo costante del circuito dopaminergico del cervello crea una sorta di assuefazione e, una volta interrotto lo stimolo, il cervello reagisce con veri e propri sintomi di astinenza. Dopo aver superato la fase acuta, il giovane è stato dimesso e rimandato a casa. Il professor Rosso ha precisato che il ricovero ospedaliero è necessario solo quando alla dipendenza si associano gravi condizioni psichiatriche. La dipendenza da smartphone, invece, rientra nelle competenze dei SerD (Servizi pubblici per le dipendenze patologiche), che offrono percorsi di recupero. Questo caso è un esempio concreto dei rischi legati all’uso eccessivo delle tecnologie digitali tra i più giovani, un fenomeno sempre più sotto i riflettori. Diversi Paesi europei stanno infatti valutando il divieto di smartphone a scuola fino ai 15 anni, anche in base a studi che dimostrano un impatto negativo sul rendimento scolastico. Secondo Save the Children, un bambino su tre usa il cellulare quotidianamente, spesso senza limiti o supervisione da parte degli adulti.
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