Contro la violenza D.i.Re “Donna, tutto l’odio social è per te”

Attualità

Se le donne sono sottorappresentate nei ruoli apicali, cancellate dal linguaggio, sono meno occupate e hanno redditi e salari più bassi, in una cosa conquistano il podio: nell’odio online, straordinario campione della misoginia alla quale sia uomini che donne sono educati e nutriti fin dalla nascita.

Stereotipi sessisti e pregiudizi contribuiscono a una progressiva spersonalizzazione eppoideumanizzazione delle donne. Perché tra i soggetti deumanizzati su cui si scaglia l’odio social, le donne sono le più colpite tra altri bersagli come omosessuali, immigrati, ebrei.

“Al gentil sesso” così come viene definito dall’ipocrita retorica paternalistica, sono rivolte in realtà ben poche gentilezze. In Italia, il 49% dei tweet riguardano messaggi di odio contro le donne. È il risultato del monitoraggio del centro di ricerca SWAP, dell’Università di Bari, con Vox diritti e l’Osservatorio di Pavia: “Un odiatore via social su due se la prende con le donne. Gli insulti piovono da nord a sud, da est a ovest. I tweet negativi sono più di quelli positivi. E accanto al body shaming fa la sua comparsa, nel lessico intollerante, la rabbia contro le donne che lavorano, giudicate incompetenti, inutili, incapaci. È segno di paure e debolezze, che evidenzia la presenza ancora troppo ingombrante di antichi tabu culturali”.

Ogni giorno un esercito di odiatori sceglie come bersaglio qualche donna, soprattutto quelle che prendono parola pubblicamente: giornaliste, politiche, attiviste dei diritti delle donne o delle organizzazioni umanitarie. E spesso sono giornalisti con articoli misogini o gli stessi politici a indicare agli odiatori online il bersaglio.

Uno sciame acefalo viene attirato come le mosche dallo shitstorm che si scarica su questa o quella donna. Tra le più odiate Laura Boldrini, Michela Murgia, Carola Rackete, Greta Thunberg, per citarne alcune.

Perché alle donne si continua a chiedere di stare zitte? Lo spiegano Michela Murgia e Giacomo Papi nel pamphlet “Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo più sentire” (Einaudi, 2021) esponendo un decalogo di diverse espressioni usate per mettere a tacere le donne e svelando i meccanismi del dominio maschile.

Tra i bersagli ci sono anche avversarie politiche che non hanno l’onore di essere criticate per le loro idee, ma che vengono aggredite con la solita strategia di deumanizzazione ovvero la loro riduzione alla funzione di oggetto sessuale oppure con l’arma del body shaming. Come è accaduto recentemente a Giorgia Meloni. Non dobbiamo pensare che sia un problema dei nostri tempi. I social hanno reso evidente una misoginia radicale che decenni fa colpì anche ex partigiane e madri costituenti.

La facilità con cui si scaricano parole violente sul web, basta un click, ha solo fatto espandere e propalare ciò che un tempo restava confinato tra chiacchieroni da bar. Tra gli odiatori e le odiatrici non ci sono solo persone di scarsa scolarizzazione ma anche docenti universitari e intellettuali che usano l’arma del sessismo per colpire le donne.

Il fenomeno dell’odio online è in crescita ed è la cartina di tornasole di un disagio sociale che si fa più profondo: durante il lockdown determinato dalla pandemia, i tweet contro le donne sono raddoppiati. Il virus della disuguaglianza ha colpito le donne sui social e nella società, dove stiamo vivendo una sorta di guerra che ha aumentato rabbia e violenza e le donne sono tra i soggetti più colpiti a tutti i livelli.

Il 70% dei posti di lavoro persi in seguito al lockdown erano occupati da donne. Le situazioni di violenza nelle relazioni di intimità sono state aggravate dal lockdown. Nel documento di D.i.Re Italia: i femminicidi stanno bene, grazie si analizzano i dati dell’ultimo report pubblicato da ISTAT che rileva come durante i primi sei mesi del 2020 i femminicidi sono stati quasi la metà del totale degli omicidi (il 45%) con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. Il picco si è raggiunto nei due mesi di lockdown più duro, quello da aprile e maggio, durante i quali la percentuale di donne uccise sul totale degli omicidi è stato del 50%.

Accade che “sempre più donne sono uccise nelle relazioni cosiddette affettive”, si legge nel documento. “E mentre nel 2004 le donne venivano uccise quasi in egual misura da partner (o ex partner) e sconosciuti, è impressionante verificare l’incremento delle donne morte ammazzate per mano dei “loro” uomini nelle relazioni cosiddette affettive. Questo accade mentre il numero totale degli omicidi continua a calare, anno dopo anno. come è possibile interpretare un fenomeno che pare in contrasto con libertà sempre più rivendicate ed esercitate dalle donne? Proprio attraverso questa lettura: più le donne rivendicano ed esercitano le loro libertà, più il patriarcato agisce la punizione. Più le donne vogliono essere libere, più vengono uccise da chi vuole controllarle e disumanizzarle”.

Ma ci sono anche episodi inquietanti sui quali non si deve far calare l’attenzione perché l’odio per le donne si sta trasformando in un progetto criminale dai contenuti suprematisti, unendo alla misoginia, l’odio per gli ebrei e istanze di matrice nazista. Il 21 gennaio scorso un ragazzo di 22 anni di Savona, Andrea Cavalleri, è stato arrestato perché voleva far strage di donne. Diceva: “Le donne moderne sono senza sentimenti, bambole di carne da sterminare”. E ancora “Io una strage la faccio davvero. L’unica cosa da fare è morire combattendo. Ho le armi. Farò Traini 2.0”, ovvero l’uomo che nel 2018 sparò in centro a Macerata ferendo sei persone, tutte immigrate.

L’8 marzo celebreremo la Giornata internazionale della donna in un contesto duro, difficile e critico, in cui la violenza maschile contro le donne non accenna a diminuire. Ma, come donne della rete D.i.Re, diciamo che “Il nostro 8 marzo non si fermerà e occuperà tutto il mese: vogliamo che la nostra voce sia ascoltata. Abbiamo le competenze, l’esperienza e la pratica per poter dare a chiunque si voglia preoccupare seriamente di questo problema strutturale la visione per affrontarlo con concretezza e, finalmente, con efficacia. Abbiamo la consapevolezza forte e dolorosa che su questa strada andremo alla rovina. È necessario non solo cambiare passo, ma anche cambiare percorso e iniziare a costruirne uno davvero utile e di valore. Finalmente”.

Blog D.i.Re – Donne in rete contro la violenza

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