Sicuramente il fumo fa male, ma nel dopoguerra i “mocc” per strada hanno accompagnato la Rinascita, simboli di libertà.

E c’è una memoria di romantica malinconia nei mocc delle sigarette che annegavano le strade di degrado, nel dramma di una Milano distrutta da ricostruire. Il dopoguerra squadernava miseria e l’arte di arrangiarsi. La boccata di fumo valeva quanto un regalo che premiava la fatica, una pausa in casa, quando c’era, una spinta per programmare. Comprarle dal tabaccaio nelle bustine con due o tre sigarette, era da ricchi, alla gente comune mancavano i soldi, ma quel boccone di fumo era anche libertà.
In via Mario Pagano alla domenica mattina c’era un mercatino. Un mercatino di sigarette e tabacco a prezzi popolari. Era lì la tabaccheria dei milanesi; lì c’era il recupero delle cicche, dei «mocc» come «se diss in milanes». Lungo il marciapiede, allineati, da bravi commercianti, stavano i «catamocc» che di notte, prima dei netturbini, raccoglievano i mozziconi di sigarette e ne facevano tabacco. Un’industria dei poveri per i poveri con venditori che oggi chiameremmo abusivi. Non c’era il tempo e neppure la volontà di teorizzare sull’ecologia e la sostenibilità, ma in quella memoria trovo l’immediatezza e la semplicità di affrontare le priorità, come la ricerca del lavoro che era irrinunciabile.

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano